VICENDE E PROBLEMI DEI BALCANI mento reciproco; le riunioni furono numerosissime, spesso improvvise e quasi minacciose, per ogni voce di revisione o di restaurazione che corresse in Europa; ed ebbero frequentemente scopo più che altro intimidatorio. Non è difficile farsi una ragione di ciò : le tre potenze non avevano altro legame che il comune timore deH’Ungheria, ed aggiungiamo pure, il timore dell’Italia che l’avrebbe sicuramente appoggiata. Per contro diverse cause economiche le dividono, aggiungendosi alle rivalità territoriali che già conosciamo, agli attriti delle minoranze malcontente ed alle aspirazioni nazionaliste contrastantisi. Infine anche la politica estera spesso le divide : ad esempio Jugoslavia e Cecoslovacchia non sarebbero certo pronte ad alcun sacrificio per mantenere alla Rumenia la padronanza della Bessarabia contesale dalla Russia, nè viceversa la Rumenia appoggerebbe la Cecoslovacchia nelle sue contese con la Germania; e in simile circostanza sarebbe per la Cecoslovacchia molto dubbio, se non pericoloso, anche l’intervento jugoslavo. Queste e simili ragioni di diffidenza resero sempre problematica la intima coesione e l’efficienza della Piccola Intesa, che spesso tuonò in una Europa indifferente. A dare maggior valore ad un legame che (specie negli anni di crisi economica e guerre doganali seguiti al 1929) aveva mostrato evidenti debolezze, le tre potenze, riunitesi in Ginevra, vi firmarono il 15 febbraio del 1933 un « patto di organizzazione », che estese gli accordi della Piccola Intesa al campo economico, al militare, al commerciale ed all’intellettuale. Grazie al funzionamento di un comitato permanente, ed a periodiche riunioni nelle tre capitali, la Piccola Intesa si proponeva procedere alla risoluzione armonica dei problemi esteri, delle questioni 228