<3o 423 ■o2> citladini ; onde che la giurisprudenza cominciò a sorgere nella nostra città e tarsi notabile in secoli che poche e sperperate leggi, improntate per lo più della contusione e della esorbitanza cagionate dalle invasioni straniere, vi aveano nelle altre contrade. L’aver trasandato il jus romano, che fu, puossi dire, 1’ unica tavola di salvezza cui si attennero gli altri nel naufragio della civiltà antica, e l’aversi i Veneziani, com’ebbe a scrivere il Foscarini, lavorato un diritto lor proprio (Letteratura, ec. sul principio del 1. I), non fa contro la nostra proposizione, anzi per certi rispetti vieppiù la conferma. Nè punto vale ad infirmarla la mancanza di causidici che sappiamo essere stata a que’ tempi nella città nostra, rendendosi di ciò ragione dal cardinale Valerio in un passo de’suoi inediti Ragionamenti riferito dal preallegalo Foscarini : Ne causidicis insulae implerentur, hominibus illis quidem aryutis, sed ventate saepe tenebras offendentibus. Al qual proposito non vogliasi giudicare di quegli antichissimi secoli colle ragioni dell’ attuale. I nostri più antichi libri, quando se ne vogliano eccettuare le cronache, sono staratali ; ed hanno in sé tanto da poterne congetturare che non fossero primi, ma che da lunga età si andassero travagliando intorno a tali materie i migliori intelletti del nostro paese. Enrico Dandolo, eletto doge nel 1192, di li a tre anni fece racconciar lo Statuto; dal che apparisce esservi state raccolte di simil natura anteriori d’assai. Da una cronaca inedita citata dal Foscarini (face. 6, not. 4) abbiamo che quinta fosse la correzione di Jacopo Tiepolo, e quindi quarta quella del Dandolo, non essendo cronista o annalista che fra il Dandolo e il Tiepolo affermi che alcun’ altra ve ne sia stata. Viene ancora in riprova di quanto diciamo il buon numero di veneziani patrizi eletti dalle città vicine, reggenlesi di per sé ciascheduna, al carico di podestà; per l’opinione appunto radicata nelle genti della rettitudine non solo, ma si ancora della dottrina e del-1’ esercitato acume de’ nostri nello statuire e applicare debitamente le leggi, non che nel maneggio de’pubblici affari. Fino dal 1186 sappiamo d’ un Matteo Quirini rettore in Treviso, e dopo buon numero di altri gentiluomini succeduti in consimili carichi nelle