<3* 337 ■“£=- tizianesco: tali sono la Nunziata, e il Ratto d’Elena, e la Visione di Lzechiello nel duomo di Gemona, e il Martirio tli san Lorenzo in Buja. Il conte Maniago aggiunge, ch’egli ci richiama ancora alla mente le scuole estere; e non è maraviglia, ben sapendosi che conobbe alcuni forestieri pittori, fra’ quali il citato Vasari. — Pria di compiere la breve narrazione intorno alla scuola Friulana, vo-gliam far memoria di alcuni pittori, che, scolari o seguaci di Pellegrino da San Daniele, tennero fermo alle antiche pratiche o poco inchinarono al nuovo stile. — Luca Monverde, rapito in età giovanile, speranza ed amore di Pellegrino, non lasciò che la tavola sul maggior altare alla Madonna delle Grazie in Udine, quale, come ci descrive il Vasari, dimostra che, se più lungamente fosse vissuto, sarebbe stato eccellentissimo. — Sebastiano Florigerio ha nella R. v^ccademia la tavola con Maria, il piccolo Battista, un Angelo ai piedi ed i santi Agostino e Monica. — Rimane a parlare dei due Floriani Francesco ed Antonio, di Liberale Gensio e di Bernardino Blaceo. Più famoso è il primo, e per copia di opere, e per ingegno, scorgendosi semplicità nelle sue composizioni, grazia, espressione, carattere nobile nelle figure e belle pieghe ne’panni. Non ha certo pregio nelle tinte delle composizioni, nò mostra gran fantasia. Il secondo non ha opere in patria, e quindi è poco noto il suo stile, giacché servì in corte dell’ imperator Massimiliano, e si applicò anche più alle matematiche ed all’architettura che al pennello. Il Gensio fu eccellente pittore di accessorii e più di pesci, e, per quanto ci assicura il Vasari, visse anch’egli molto tempo alla corte di Ferdinando, onorato e favorito pel suo valore. Bernardino Blaceo, ottimo frescante e pittore ad olio riputato, si conosce per opere in Udine, e per quella bella tavola era sul maggior altare in Santa Lucia della stessa città, e che passava per la più maschia delle sue opere ; tavola che ora conservasi nella R. Accademia per essere quando che sia condegnamente collocata. VOL. I, P. II. 43