<• 171 •> monache donata parte dell’ orto loro alla dilatazione del palazzo ed alla ampliazione della pubblica piazza ; opinione quest’ullima avvalorata da antichi documenti. È certo però, che 1’ abbadessa Moro-sini citata, lieta di vedere il doge processionalmente visitare la chiesa sua, gli offerse, di consenso colle altre monache, un dono degno di lui e della ricca eredità goduta da essa. Fu questo un corno, o corona ducale, di molto valore. Era tutto d’oro, ed ornato di ventiquattro perle orientali in forma di pera. Nel dinanzi avea un rubino di grossa mole, e nel mezzo una croce formata da ventitré smeraldi minori e cinque altri di somma bellezza, ed avea poi dodici baiassi. 11 diamante di molto valore, lavorato ad otto faccic, che splendeva sulla sommità, fu aggiunto dappoi dalla repubblica (1). Esso corno serviva alla coronazione solenne del doge, e veniva poi dal doge stesso mostrato sopra un bacino, ogni anno, alle monache il dì della visita. Clic poi questa visita si compiesse dal doge prima della ducea dello Ziani, ce lo mostra il tragico fatto accaduto nell 864, nella persona del doge Pietro Tradonico, ucciso dalla fazione Bar-bolani, allorché esciva da questa chiesa, dopo averne compiuta la visita annuale.— L’anno 1806 furono concentrate in questo monastero, dichiarato di primo ordine, le monache di Santa Croce e quelle dei ss. Cosma e Damiano della Giudecca. Soppresso nel 1810, vi furono, cinque anni dopo, ragunati gli offici deU'lmp. R. Kagio-natcria Centrale. Ma tornando alla chiesa, venne essa disegnata ed incisa nel-1’ opera delle Venete fabbriche, e colà fu illustrata dal cav. Antonio Diedo che fu, e da noi. Divisa in tre navi, serba un comparto che non può essere di maggior regolarità. Ma quello che più colpisce l’occhio e l’animo del »lotto e del vulgo, si è il pittoresco e del tutto scenico alzato dell’ abside e della sua parte posteriore, in cui un intreccio di arcate e di nicchie, clic si mostrano in ¡sfuggita dal multiplice traforo delle doppie aperture contornanti l’abside detto, dà luogo alla più dilettevole varietà di forme e di lumi. Ed è raro (i) Strinerà, Chiesa di S. Marco, voi. II, pag. Ifi.