- molti si tennero lungi dal pericolo: ma il gusto dominante del secolo era guasto, e assai pittori, forse, per seguir questo tradirono lor vocazione. — Lo vediamo tosto in Jacopo Palma juniore, il quale, esercitatosi da prima nel copiare Tiziano ed i migliori, passato indi a Roma, e studiando ivi sull’ antico, su Raffaello e su Michelangiolo, inchinò l’animo poscia a Polidoro c al Tintoretto, e, come avvien sempre in coloro che cercano imitar gli altri, coll’ andare degli anni, tra per questo e tra per le molle commissioni che assunse, depose le prime ottime massime, e si diede a operare di pratica, insidiando negli altri l’amor della fretta, nemica sempre al ben fare, e 1’ affetto al guadagno. Il Tinloretto avea pur troppo ancor prima fatta vedere sollecitudine molta nel condurre sue opere ; e invece di studiar la natura, cavare dalla mente ed espressioni, e disegno, e pieghe, ed effetto di luce: ma non tutti erano il Tinloretto, nè tutti aveano, siccome lui, ricevuto dal ciclo largo dono d’ ingegno, nè avean fatto tesoro nella mente, per lungo studio, di sodi precetti e di nuove avvertenze, che pur venivano a soccorrer sempre di loro ajuto quel fulmine della pittura. Lo stile dunque del Palma c trascurato appunto perchè molto volle operare, e assai volle i suoi quadri si direbbono abbozzi, come ebbe a dirgli il cav. d’ Arpiño. Nulladimeno le sue tinte son fresche, soavi, diafane, men gaie che in Paolo, più liete che nel Tintoretto, e, sebben scarse, si conservano. Si avvicina a’ due predetti nel vivo degli atti e delle ligure ; ed in ogni altra dote ha sempre quanto basta a piacere. — Detto del maestro, vedremo adesso come i di lui allievi e searuaci de- c' generassero mano a mano ancor più la pittura. — Andrea Vicentino, Leonardo Corona, Marco Boschini, Santo Peranda e Girolamo Pilotlo furono i principali discepoli del Palma. 11 primo tornava un po’scadente nel gusto, ma nel maneggio de’colori e nella facoltà dell’immaginare e dell’ornare divenne abilissimo. N’è prova principalmente il gran quadro eli’ ei dipinse nella sala delle quattro porte nel ducale palazzo, esprimente l’ingresso di Enrico III a Venezia. 11 secondo, divenuto emolo del Palma, alcuna volta ne abbandonò li» stile per mirare a quello di Tiziano o del Tintoretto. In S. Stefano