<5* 199 <>*>- cangiossi il litoio della chiesa in quello di Santa Maria delle Grazie di San Fantino, come si vede da parecchi documenti del l't99. Minacciando di nuovo mina la chiesa appunto in questi anni, nel 1501, il cardinale Gio. Battista Zeno, vescovo di Vicenza, assegnava in legato per la sua nuova erezione ducati 12,000 (I): perlochè, dovendo il senato mandare ad effetto 1’ ultima volontà del defunto benefattore, con decreto del 1506, incominciò a somministrare la somma legala, e di mano in mano tutta la diede per la notata rifabbrica. Non essendo però bastante la beneficenza dello Zeno, il piovano Marco Rodino fece ogni sforzo per compier la fabbrica ; ma la morte Io incolse nel 1533, a lavoro non compiuto. Rimaneva ancora da costruirsi la cappella maggiore, e questa veniva alfine innalzata secondo il disegno di Jacopo Sansovino, il quale cosi diede compimento all’ opera dell' ignoto architetto. Il conghielturare chi sia, c studio di lunga critica, e non di queste carte; pure non crediamo possa al tutto discredersi clic Antonio Scarpaynino ne abbia dato il disegno visto lo stile in generale, fatto un confronto con altre opere sue, e principalmente con la chiesa di San Giovanni Elemosinano da lui architettata nel 1513, e in fine dal saperlo in quesl’anni proto del Sale, come fu poscia il Sansovino; avendosi, crediamo, avuto in mira di scegliere un pubblico architetto, se a mezzo del pubblico si somministrava la somma legala dallo Zeno per questa fabbrica. La cappella poi dal Sansovino architettata, è di ordine composito con quattro cospicue colonne scanalate, che reggono gli archi c la cupola che la coperchia, e nella ricchezza de’ marmi ben dice Moschini essere semplicissima. Sospetta il Temanza, clic, scudo il Sansovino già vecchio, possa averci avuta una qualche parte Alessandro Vittoria. Di scultura sono degni di nota il ricco aliare del SS. Sacramento, e 1’ altro ove conservasi la miracolosa citata imagine della Vergine ; e le due statue di marmo che decorano l’ara massima, (i) E non io.ooo, come dicono lutti gli «criflori. Ciò ricaviamo dal testamento originale esistente nell’archivio del nob. co. Leopardo Martinengo.