IVI difefa di que’difetti, che dalla condizione di uomo fono pretto che affatto infeparabili, e che in un governo, per altro sì difficile, e perturbato, s’incontrano: i quali però poteano riferirli in un’aria più dolce, con avere un poco più di riguardo a quella, che può chiamarli iftorica urbanità, che alla verità della ftoria medefima niente pregiudica . Pattando dunque al Pontificato del Succettore, che fu Paolo III. il primo Panegirico, che troviamo di lui è quefto all’an. 1534. che fu fatto » cioè , Cardinale per i meriti di Giulia Jua Jorella da Aieffandro VI. e qui a buon conto in poche parole fi fa un elogio maravigliofo a due Papi, e ad una gran Dama. Per quello, che rifguarda Paolo, allora Aieffandro Farnelc; oltre la fua applicazione a’buoni ftudj sì in Roma, che in Firenze, e la non volgare erudizione indi acquittata, avea fot-to Innocenzo Vili, elèrcitato l’impiego di Scrittore , e Protonotario Apostolico, quello di Teforiere, e di Vefcovo delle Chiefe di Monte-fiafcone, e Corneto; onde pareva, che quefte sì riguardevoli cariche, unite alle prerogative della fua nafcita, potettero meritarfi la Porpora, fenza che ne fotte obbligato alla forella. Ma io finalmente rn’incontro in una lode vera del Pontefice, che vorrei, o non averla trovata, o vederla efpreffa in altra maniera. Gi dice di lui all’ an. 1536. ed altre volte ancora lo replica, che egli fu lontano dalle majflme turbolenti de'fuoi Predecejfort. Quefte parole però ficcome io le confiderò, come un epilogo del detto di fopra , così credo, che bafti l’offervato ne’cali particolari, fenza fermarvifi fopra di vantaggio. Ncn so nondimeno, fé in ifvantaggio del Pontefice potette mai rifonderli ciò, che fi dice all’an. 1538., ove riferita la morte del Duca di Urbino feguita per mezzo di veleno, foggiunge così: lafciando il filen^ìo del Giovio in fof-paito chi ajpirava a quel Ducato. Una volta il Silenzio nelle cofe di Storia pattava per argomento negativo, che conclude il contrario di quello, che qui fi pretende, ma a buon conto il Giovio avrebbe in ogni cafo inoltrato più cautela del Sig. Muratori, con tacere una cofa, che egli non potendo ritrarre dal fuo filenzio, ha voluto almeno ad ogni patto, che fe ne inferifca il fofpetto. Quefte però fono tutte cofè da tenerli in leggier conto, fe fi paragonino a quanto fuggì dalla penna al noftro Annalilta all’an. 1547* 1°-pra la traslazione del facrofanto Concilio di Trento, Malgrado quanto n’è fcritto nella Seiììone vili, di quel Concilio, e ne’Capitoli 13. 15. e 16. del tredicefimo Libro della Storia, che ne tefsè l’immortale Sforza Pallavicino, pofcia degniflìmo Cardinale di Santa Chiefa, il Sig. Muratori sa de’ motivi feqrett, per i quali s'induffe il Pontefice Paolo aj-la traslazione mentovata, lo non vorrei, che al Guicciardino aveffe mai foflituito il Soave, perchè quefto è un Autore troppo fallito, e pochif- 7