Anno MDXXVII, i 87 alle fpalle, cominciava ad appreffarfi, e dall’altro non vedea maniera di far fuffirtere 1’Armata, priva affatto di vettovaglia, e in paefe prima fpazzato: fpinto ddlla necdfità e dalla difperazione, nel dì Tegnente fei di Maggio determinò di vincere o di morire. Però full’apparir del giorno andò ad affalire il Borgo di San Pietro, dove Ren^o da Ceri, Camilla Qrfini, Orario Baglione, e molti nobili Romani fecero gran difefa. Ma eccoti fopragiugnere una folta nebbia, per cagione di cui le artiglierie di Cartello Sant’Angelo, che prima faceano gran danno a i Borbonefchi, celiarono di tirare. Con tale occafione accortoci il Borbone verfo la Porta di Santo Spirito, ed effendo la muraglia baffa, appoggiatevi molte fcale, fu de’primi a falir per effe, ma non già ad arrivar fulle mura, perchè colto nell’anguinaglia da una palla d’archibugio o de’fuoi, o de’nemici foldati, andando colle gambe all’ aria, poco flette a fpirar la fcellerata fua anima , fenza godere alcun frutto dèli’ infame fuo attentato. Entrarono bensì i fuoi foldati: il che riferito a Papa Clemente, che tuttavia flava nel Palazzo Vaticano , torto -Ìi ritirò in Cartello Santo Angiolo co i Cardinali e Prelati del fuo feguito; nè poi il arrifchiò a fuggire, come avrebbe potuto, fecon do alcuni, quando altri fcrivono, che i Colonne!! con dieci mila armati erano ne i contorni, acciocché egli non poteffe metteriì in falvo. Perciò ivi rinferrato, fu cortretto ad effere fpetratore di quella tanto lagrimevol Tragedia. Prefero nello rteffo tempo gli arrabbiati maihadie-ri non folamente Trastevere, ma anche la Città, entrando per Ponte Silfo: tanto era il difordine de’fuoi foldati e de i Romani; e sì poca era rtata la precauzione de’Capitani. Ergerebbe ora più carte la de-fcrizione dell’orrida difavventura di Roma. A me bafterà di dire in compendio, che all’ingreffo di quella furibonda canaglia rimafero uc-cifì ben quattro mila fra foldati e Cittadini Romani. Il Giovio dice fin fette mila. In quella notte poi, e per più di fuffeguenti ad altro non attelèro que’cani, che al Taccheggio dell’infelice Città. E fic-come effa era piena di ricchezze per le Corti di tanti Cardinali, Principi, ed Ambafciatori, così immenfo fu il bottino, con afcendere a più millioni d’oro. Nè minor crudeltà ufarono in tal congiuntura gli fpietati Spagnuoli Cattolici, che i Tedefchi Luterani. Non contenti di fpogliar Palagi, Cafe, e tutti ancora i facri Luoghi, con bruciar anche dove trovavano refiftenza, fecero prigioni quanti Cardinali, Vef-covi, Prelati, Cortigiani, e Nobili Romani caddero nelle lor mani, e ad erti impofero indicibili taglie di danaro, tormentandone eziandio moltiflimi, affinchè rivelailero gli afcofi e non afcofi tefori: crudel trattamento, da cui non andò eicnte nè pure uno de gli Abbati, Priori e