Annali d’ Italia. nè fi dee dare una* mentita al Giovio, il quale nella Vita di Confalvo fcrive t? aver faputo dalla bocca del medefimo Cardinal di Corneto, come egli reilò allora avvelenato con incendio ineiplicabile interno, e con aver poi perduta tutta la pelle . Ma per conto del Papa , q egli non intervenne a quella cena, o fe pur vi fu , a lui non toccò di (a) Volatcr~ quella mortifera bevanda. Secondo il Volaterrano ( a ) la diceria del ranus- veleno dato anche al Pontefice fi fparfe incerto aurore. Odorico Rinal-* (b) Raynai.di (¿) produce un Diario Romano manufcritto, da cui apparifce, che Annai. Ecd. papa Aleilandro nel dì n. d’Agofto fu prefo da febbre ; che nel di t5. d'Ago fio gli f urono cavate tredici once di [angue o circa, e [opraven-ne la febbre terzana. Nel dì 17. prefe medicina . Nel dì 18. pafsò all’ altra vita, probabilmente per una di quelle Terzane perniciofe , che anche a’dì noftri o nella quinta o nella "fettima portano via gl’infermi, fe ad effe non fi taglia il corfo colla China China, l’ufo della quale in quel Secolo era ignoto all’Europa. Aggiungali quanto lafciò fcrit-to Alefl’andro Sardi, contemporaneo del Guicciardino e del Giovio , nella Storia, che fi conferva manuferitta nella Libreria Eltenfe. Dopo (c) Sardi aver egli accennata la fama del veleno, feguita a dire (c): Ma Bel-lflor. MS. trando Cofiabih, che allora era Ambafciatore del Duca Ercole di Ferrara. in Roma, e Nicola Roncane Fiorentino, amico intrinfeco del Gonfaloniere Soderino , con dieci Lettere in cinque diverji giorni da loro fcritte al Duca , e al Cardinale da Efìe, e lette da noi,• moflrano la morte del Papa, [acceduta in otto giorni per [ebbre ternana, in quel tempo efiivo regnante in Roma : dalla quale egli il decimo giorno di Agofio affalito , nè mitigata per apertura di vena , nè rin[re[cata per manna prefi, [p’rò la [era , che dicemmo. Poi per la fubbullizione del [angue putrefatto in que giorni recando il cadavero annerito e gonfio, fo’je la [ama del veleno da chi non conobbe la cau[a di quegli effetti. Balta ben quello per abbattere 1’ in-fuilìftente voce , fparfa allora intorno alla morte di quello Pontefice. La Corte di Ferrara , dove era ima di lui Figlia, fi può credere, che foffe molto ben informata di quelli affari. Non lafcia Rafaello Volaterrano di rapprefentare ciò, che di lodevole fi offervò in Aleffandro VI. il fuo ingegno, la fua memoria, l’eloquenza in perfuadere, la deprezza in governare, con altre doti fpet-tanti ad un Principe, ma che fovente non fi ricordava d’effere Principe Criitiano, e quel che è più, Pontefice Vicario di Criito. Certo è, tanti effere fiati i fuoi vizj, tante le fu e azioni malvapie d’impudicizia, d’infedeltà, di crudeltà, d’ambizione, delle quali parlano tante Storie, e che lo ffeffo Volaterrano non diffimulò, che il Pontificato fuo reftò e refterà in una deplorabil memoria per tutti i Secoli avve-