186 Annali d’ Italia. nonimo Padovano, la cagione di tanti mali d’Italia perla cupidigia di fpogliare gli Eilenfi di Ferrara, e di continuar la iùa tirannia in Firenze. Perciò un giorno moil’ero la Città a fedizione, per ifcacciarne i Medici, e ricuperare la Libertà. Chiamati accorfero a tempo il Du-ca d' Urbino, e Michele Marchefe di Saluto . Pertanto veggendo il Duca di Borbone, che pòffibil non era di mettere il piede in Firenze , difefa da tante genti della Lega, nel di 26. d’ Aprile, fi mife in marcia con rutto l’efercito alla volta di Roma. Quanti armati egli conducete, nè pure allora, fecondo il folito , ben lì feppe. I più portarono opinione , che foflèro venti mila Tedefchi, otto mila Spagnuo-li, e tre mila Italiani utili, con poca cavalleria, cioè con fecento cavalli, e fenza artiglieria, e fenza carriaggi. Altri fminuifcono quell’ armata3 ma certo è, che gran copia di maiviventi Italiani feco fi con-giunfe per la fperanza di groiìo bottino. A quello avvifo fu fpedito il Conte Guido Rangone, Generale dell' Armi Papaline per una diver-la lirada verfo Roma con cinque mila fanti e tutti i Tuoi cavalieri . Ma oltre avellergli poi fcritto da Roma, abbifognar quella Città fríamente di fei in ottocento archibugieri, le genti fue non aveano tanti interni llimoli alle marcie sforzate, come 1’ efercito del Borbone , fpinto dalla fame, avido della preda, e difperato. Erano rotte e fangofe al maggior legno le llrade : pure fembrava, che coloro volaflero . Saccheggiarono Acquapendente, San Lorenzo alle Grotte, Ronciglione, ed altri Luoghi. Mandato innanzi il Capitano Zucchero co 1 fuoi pochi cavalli, aiutato da’fuorufciti entrò in Viterbo , e vi preparò tanta vettovaglia, che giunta T Armata colà prefe un buon rilloro. Veggendolì in quello mentre il Pontefice a mal partito , lafciata andare la Tregua già Habilita col Lanoia, Tregua, che fu la fu a rovina, di nuovo conchiufe Lega co’ Veneziani, e Duca di Milano, ma Lega, che nulla il prefervò daü’imminente calamità. Della difefa di Roma era incaricato Ren^o da Ceri , che tumultuariamente avendo raccolta quanta gente potè, lor diede l’armi: gente nondimeno la maggior parte inefperta a quel melliere, perchè prefa dalle Italie de’Cardinali, e dalle botteghe degli Artigiani ; e il popolo di Roma d’ allora non era quello de gli antichi tempi. L’Anonimo Padovano fcrive, che Renzo fatte le mollre fi trovò avere , computato il Popolo Romano, dieci mila ottimi fanti, e cinquecento cavalli, e li mandava ogni giorno ad affalire 1’ efercito Borbonefco . Verifimil-mente non gli fecero gran paura nè male. Arrivo’il Borbone nel dì cinque di Maggio su i prati di Roma, e perciocché dall’un canto fapea, che l’efercito della Lega vegnendo alle /