-=s* 13 »c=- tempo, ma di stile e di figura simile ai due primi danari e conforme a molti altri di allora ; ed appare inoltre una varietà con lezione più corretta ed esatta di quello col €* ds cvnserva polano imp. fin dal 17C9 cosi pubblicato e diversamente asserito da Girolamo Zanetti, (Di una moneta antichissima, ecc., Dissertazione) in cui per vero si pena a giustificare la voce imp. al doge Polani, e male si combina 10 stile stesso della moneta col tempo di questo doge che fu intorno al 1140. L’ ultima cifra o nota n. che vi si legge, è evidentemente un accorciamento dalla ristrettezza necessitato al poco avvertito artista. E del peso di grani 37 circa, e si giudica alla bontà di u/ii di oncia di fine argento, o sia a peggio di 96 carati per marca ; formava parte della raccolta Gradenigo, ed ora possedesi nel R. Gabinetto Numismatico di Torino. I motivi ¿addotti parlando dei privilegi imperiali accordati ai Veneziani per la moneta, conducono ad ammettere che questi senza difficoltà possano aver battuti siffatti danari pel loro commercio nelle terre italiane in concorrenza ai danari consimili che allora si facevano da quelle principali città. Il secondo danaro venefico del X secolo verso il fine, o del-1’ incominciar del secolo seguente, vedesi peggiorato assai di forma e forse anco d’ intrinseco, di figura scodellato, con croce nel dritto e nome di Cristo o degli imperatori Enrico e Corrado messo all’intorno, e dal rovescio quello di Venezia in un tempietto. Appalesa esso la diversa influenza anche nelle arti dei re Germanici a questo tempo estesasi in Italia, e mostra il carattere o stile medesimo delle loro monete e di quelle delle altre zecche tedesche di allora. Il suo peso migliore apparisce presso poco di grani veneti 21, variamente però notandosi la sua bontà, di certo peggiorata da quella di prima, onde anche il Pasqualigo lo mette a peggio carati 400 per marca. 11 Carli invece, ove ne discorre, chiamandolo il danaro venefico urbano, mette il suo peso a soli grani veneti 16, ed il suo peggio, come 1’ antecedente, di carati 120. Di che, comunque si voglia, è certo che fin dal 972 si computava ormai il danaro venefico nel suo intrinseco e valore per la metà di quello di Milano e delle altre principali zecche, le quali si mantenevano sul piede di prima. Per la