~c3o- 90 o£> (chiedente) e alla fedeltà della greca nazione. E quelli, in luogo dei ducati 124 che aveva il Margunio quando tenca, innanzi il i585, pubblica cattedra di greco in Venezia. Onde pensiamo,che con lui cessasse in codesta città il pubblico insegnamento delle lettere greche. Ma la scuola della nazione fu, si può dire, la benefica madre, al cui seno si alimentavano quanti, desiderosi di apprendere la greca e latina letteratura e insieme di conservare incontaminata la religione, convenivano da ogni parte della Grecia, massimamente ne’ primi anni del secolo XVII ; i più oscuri nella storia del greco incivilimento moderno. Da essa scuola uscirono quei benemeriti, che o diffusero il sapere, attraverso gli ostacoli del barbaro dominatore, o lo favorirono col sacrifizio delle proprie sostanze. In essa finalmente insegnarono i più illustri de1 Greci ; parecchi de** quali ( cioè quelli che son conosciuti) sono pur oggidì venerati e lasciarono monumenti di lor dottrina. Sia conceduto almeno ricordarli per ora tutti : Nicolò Lascari (i593). — LivioZacra di Chio (1602) : poi pubblico lettore di lingua greca in Ferrara (1). — Teofilo Coridale© d1 Atene, detto anche Scordalo (1609 e 1628). —• Nicolò Vlastò di Retimo per le lettere greche (1614), e Natanaele Chyx ateniese, per le latine (1614-17); ambidue cappellani e predicatori. Pacomio Doxarà,arciprete di Zante, eNicolò Sofiano cretese,cappellani (1616). — P. Giorgio Dolce di Creta (1618). — Metrofane Critopulo di Berrea in Macedonia, poi patriarca di Alessandria (1628). — 1 sacerdoti Sofronio Pancalo cretese (1632) e Geremia Toscano (i633).—Angelo Benizelo ateniese, e Andrea Rossi di Nauplia (i634~^9).—Nicolò Fiorenza predicatore ( 1640). — leroteo Gallona ( 1641 )• — Germano Rassoxesti corcirese, poi vescovo d’Ancira (1647-48). — P. Antonio Gradenigo di Creta (i65o).— Teofilo Scufo cidoniese, cappellano ( iG53 ). —P. Sofronio Callonà, e Michele Cortacio (poi Melezio di Filadelfia ) (iG55). — Gerasimo Blaco, già ricordato (iG58-6i). — Luigi Gradenigo di Creta, predicatore, poi custode della biblioteca marciana (16G4-1666). —Francesco Scufo di Cidonia, dottore in filosofia e teologia, e Vittor da Corfù, sacerdote e pittore (1669). — Matteo Tipaldo (poi Melezio di Filadelfia) ( 1671-84 ). — P. Nicolò dott. Papadopulo ( diverso dal Comneno), e il cappellano Marco Marà (1G86). — P. Nicolò dott. Bubuli, cretense ( 1687-90). — Giovanni Abramio, d’origine cretense, ma nato in Venezia, cappellano, poi maestro in Zante (1694). — Elia Miniati cefaleno, teologo e predicatore, più tardi vescovo in Peloponneso (1698). — Costantino Memo cretense, accademico Illeso (1699). — Giovanni Calcheo, moscopolita, cappellano (1701). E tanti furono i maestri della scuola nazionale, appunto allora cessata, quando per una parte ferveano le controversie di Melezio Tipaldo, e già per 1’ altra fioriva il collegio Flan-giniano. Del quale più avanti. Opera del Severo, non meno utile e certamente pietosa, fu inoltre consigliare i Greci alla instituzione di un monastero: a ciò unicamente mosso dallo scopo di provvedere al mantenimento di alquante nobili monache basiliane di Cipro, di Nauplia e d’altri luoghi della Grecia (2). Fuggite anch’ elle dalle persecuzioni de’Turchi, eransi riparate in Venezia, dove menavano appartata e pacifica vita. Infatti dal i5oi al 1575 leggiamo i nomi di ventiquattro monache con 1’ abbadessa Pelagia Calavrò di Nauplia (3). Le quali appresso stando a pigione in alcune cellette, che (in parte di legno) sul comperato terreno avevano costruite i Greci ( iSzj ), come di sopra è dimostro, erano del 1599, rimase in numero di sole quattordici. E già abitavano una casa di certa Diamante Coccini ( da (1) Borsetti, Hìst. Gjinn. Ferrarìae, 1735, t. II. (2.) Matricola della Scuola, an. 1599. (3) Luminarie n. 12,9, — Registri 68, 87.