Anno MDXXI. Colonna, e non con minore del Marchcje di Pejcara, ehe in quella occafìone fece mirabili prove di fua perfona. A persuasione poi di Girolamo Morone andò un bando, che Cotto pena della vita niun Milanefe foffe offefo. Venuto il giorno, comparvero davanti al Colonna, a i Legati, e al Marchefe di Mantova, dodici nobili Ambafciatori a dar la Città, e a pregare, che foiìe prefervata da ingiurie pubbliche e private. V’entrò il Morone, prendendone il poffeiTo a nome di Francejco Maria ySfor^a, già riguardato qual Duca , e redò egli quivi al governo con ^titolo di Luogotenente . Si fece conto, che più di tre mila fanti Veneti lafciaflero in quel conflitto la vita; e gli altri Veneti, confidenti in altri tre mila fanti, trecento Lancio, e circa ottocento cavalli leggieri, parte furono p-reiì, parte fi diffiparono colla fuga la notte ; di maniera che totalmente li perdè l’efercito loro. Seguitarono 1’efcmpio di Milano le Città di Pavia e Lodi. Parma e Piacenza fi diedero a i Miniftri del Papa. Fu ipedito il Marchefe di Pefcara con dieci mila fanti e cinquecento cavalli dietto a’ Franzeiì, ritirati a Como ; ma il Lautrcc, lafciato ivi un prefidio diffidente, s’ incamminò col redo de’fuoi verfo Cremona. Intefe bensì per iflrada, che anche quella Città aveva alzate le bandiere Sforzefche , tuttavia perchè fi tenea forte la Cittadella, v’entrò, e ricuperò la Città, con fare il miracolo di non inferire alcun male a que’ Cittadini. Piantate intanto dal Marchefe di Pefcara le batterie contro la Città di Como, poco dette quel Popolo a capitolar la refa con patto, che fodero falve le perfone e robe tanto de gli abitanti, che de’Franzeiì. Ma entrati gli Spa^nuoli mifero a iàcco l’infelice Città con grande infamia del Marcheie, il quale poi col tempo fu chiamato a duello come colpevole di quello sfregio fatto alla pubblica fede. In una parola, a riferva di Cremona, d’Alef-landria, del Cadello di Milano, e di qualche altra Fortezza, il reflo dello Stato di Milano venne in potere di Francefco Sforza, non fenza grave affanno de’Veneizani, che oltre all’aver perduto il loro efer-cito , redavano per cagion della Jor.Lega col Re Cridianiiììmo efpoflt ad evidenti pericoli. Ma non era da paragonar la cattiva lor politura con quella di Aljonjo Duca di Ferrara, giacché egli dopo la caduta de’Franzeiì non veaea più maniera di falvarfì in mezzo a quede vicende. Alla fempre vigorofa brama di Papa Leone di torgli Ferrara, ii era aggiunto uno-ftraordinario fdegno, per aver egli fradornato dianzi 1’ acquifto di Parma. S’era il Duca ritirato a caia, dappoiché fu venuta fui Reggiano 1’ Armata Collegata , e poco dette a provar gli effetti della collera Pontificia. Vennero Tarmi d’eiTo Papa al Fi-