Anno MDXIII. mancanza di vettovaglie quei Capitano rendè la Terra lalvo l’avere eie pedone. Avea Renzo da Ceri prefo gutto alla preda. Da che Teppe, che gli Spagnuoh aveano rifcoiTo eia i miferi Bergamafchi altra gran fomma di danaro per compenfare i danni dianzi patiti, ma fenza colpa de’Cittadini, le ne tornò col iolito fuo corteggio a quella Città, e prefi quanti Spagnuoli ivi trovò, dopo avervi lafciato di prefidio ottocento fanti, e ducento cavalli fotto il governo di Bartolomeo da Modo, fi ridufle di nuovo a Crema. Ciò intelo, il Vice-tè Cardona con lettere raccomandò la ricuperazion di Bergamo al Duca di Milano, il quale fi trovava allora con gli Svizzeri in Piemonte faccheggiando tutto il p;.efe, fotto prefetto d’impedire a i Franzeiì il ritorno in Italia. Spedì il Duca a quell’ imprefa con affai ichiere ed artiglierie Silvio Savello, e Cefare Feramofca , che cominciarono a battere la Città. Ma ecco fui far del giorno giugnere quattrocento cavalli, ed altrettanti fanti, inviati da Crema da Renzo da Ceri, che animoìamente aflalirono il campo Milanefe; nel qual tempo ufcirono alla medefima danza gli altri, che erano nella Città. Fu ianguinofa la pugna; ma in fine rimafero fconfitti i Veneziani colla perdita di quafi tutti i fanti. S’arrendè f infelice Città di Bergamo, e all’innocente Popolo fu importa dal Savello una taglia di dieci mila Ducati d’oro « Dappoiché’fu fciolto VaiTedio di Padova, fece Papa Leone quante pratiche potè per iftaccare i Veneziani dalla Lega co i Franzeiì ; ma fenza frutto: tanto era irritato quel Senato contro la mala fede de gli Spagnuoli. Però eiTendofi il Viceré Cardona ridotto con tutti i Capitani in Verona, tenuto fu ivi coniìglio , e rifoluto d’infettare i Veneziani, per trarli colla forza ad acconciarti con loro. Nel dì 17. di Settembre s’avviò l’efercito Collegato verfo il Padovano, con bando che fotte lecito ad ognuno il mettere a ferro e fuoco tutto il pae-fe da Monfelice fino alle Acque falle. Fu efeguito il barbarico editto, e in tempo che i poveri Popoli non afpettando la feconda vifita di quelli cani, erano ritornati colle famiglie e beftiami alle lor cafe. Non contenti-cottoro, Criftiani di nome, e Turchi ne’fatti, di far grandiflimo bottino, imprigionavano, uccideano, e bruciavano cafe e Ville, dovunque arrivava il lor furore. Meno de gli altri non operavano i foldati del Papa. Fra l’altre Terre l’amena e fertile di Pieve di Sacco, dove fi contavano tante belle cafe di Nobili Veneti, tutta fu confegnata alle fiamme . Lungo le Brente nuova e vecchia fecero lo tteffo fcempio, fcorrendo imo a Lizzafufina , Mergara, Me-ilre , ed altri Luoghi marittimi, da’quali pararono anche di molte can-