Anno M D X X V I I , 18 ^ multo. Rifpofe intanto il Borbone al Viceré di non eiTere obbligato a quel vergognofo accordo , e che l’Armata priva di paghe non po-tea tornare indietro. Sopragiunto pofcia un altro Meffo, fpedito da effo Viceré, che moilrò copia dell’autorità a lui data dall’ Imperadore di far Pace, Tregua, e Guerra, come a lui piaceiTe ; e comandò a tutti gli Ufiziali fono graviilìme pene di non procedere innanzi: altro effetto non produffe, fe non che Alfonfo Marchefe del Vaflo, con alcuni altri Signori Napoletani, iì partì da quell’ arrabbiato efercito con gran dolore del Borbone e de gli Spagnuoli. Sul principio d’A-prile ii moffe il Borbone verfo la Romagna, avendo prima i Collegati inviate buone guarnigioni ad Imola, Forlì, e Ravennane prefa la Terra di Brifighella, ivi trovò di grandi ricchezze, perchè quel Popo- lo bellicofo nelle antecedenti guerre era intervenuto al facco di varie Terre e Città. Tutto andò in mano di que’ mafnadieri, e la Terra data fu alle fiamme. Lo fteffo crudel trattamento patì la bella Terra di Meldola, e Ruffi, con altre di quelle contrade. In quello mentre il Viceré Lannia, o iìa che veramente gli premeffe di mantenerla fede data al Papa, o che fingeffe tal premura, venne a Firenze , e dopo avere Stabilito accordo con quella Repubblica, difegnava ancora di paflare al campo del Borbone, per fermarlo. Ma avvifato, che fe compariva colà, non era iìcura la fua vita, fe ne tornò dopo molti giorni, fenza far altro, indietro. Scrive nulladimeno il Giovio, ed anche il Nardi, che fi abboccarono infieme , con effere poi flato coffret-to il Viceré dalle furiofe grida de’Soldati afalvariì. Allora i Fiorentini chiamarono in Tofcana i Collegati, che per varie vie andati colà, afficurarono ben Firenze da maggiori infiliti, ma nulla operarono, per impedire al Borbone di valicar 1’ Apennino tra Faenza e Forlì per la Galiata, e di giugnere nel Fiorentino su quel di Bibiena, con fermarli a i confini di Siena, faccheggiando e bruciando il Contado di Firenze, mentre i Saneii gli davano favore e vettovaglie a tutto potere. Al Duca d.' Urbino riufcì in queffa congiuntura, e non prima, di cavar dalle mani de’Fiorentini le Fortezze di San Leo, e di Ma-iuolo nel Montefeltro . Nè mancò chi 1’ accufaffe di peniìeri fegreti contrarj al bifogno del Papa, per gli aggravj a lui inferiti ne gli anni addietro dalla Caia de’Medici. Ora trovandofi i Fiorentini in mezzo a sì fiero incendio, affafììnati nel diftretto da i nemici crudeli Borbonifti, e non men gravati da gli amici, a’quali doveano fomminiflrar danaro e vitto, quando ia ìor Città pativa una grave careftia: (parlavano forte del Papa, attribuendo a lui non men effi, che pofcia i Romani, per atteftato dell’ A- noni-