circostanti città, si legge di Lorenzo Tiepolo, qnel medesimo che indi salse al ducato, eletto al reggimento di Fermo nel 1267. Le quali richieste per parte de’ foraslieri si fecero tanto frequenti e copiose da indurre ragionevol sospetto, non fosse per ridondare nel progresso del tempo in danno della città ciò che fino allora erale tornato ad onore; di che fu ordinato nel gennajo 1273, che nobiles veneti non possint esse rectores in locis alienis. Ora qual caso si ha egli a fare di quella sentenza che leggesi nel libro quarantesimo della storia del Daru, per la quale ne ci vorrebbe far credere che la popolazione di Venezia, prima dei conquisti fatti dai nostri nella terraferma, cioè prima del secolo decimoquinto, potesse appena bastare all’ armi e al commercio, e rimanersi quindi esclusa da essa la cultura dell’intelletto? Non vogliamo che ricordasse quanto allegammo già trovarsi scritto dal Foscarini delle scuole piantale tra noi innanzi il mille, ed altre testimonianze che allegheremo indi a poco rispetto ad età posteriori, ma pur sempre precedute a’ conquisti di terraferma ; ma perchè dimenticare ciò che, ripetendo il già detto dal Ginguenè nel lib. I, cap. 6 della sua storia, si legge in esso medesimo libro quarantesimo intorno a Bartolomineo Giorgi veneziano, che nel secolo decimoterzo, usando la lingua de’ trovatori, cantò poemi che vinsero la notte dei tempi, e di Cristina Pisani, figlia a padre dottissimo nelle scienze, prima consultore della repubblica, poi chiamato alla sua corte dal re Carlo V, e alla quale indirizzava versi di lode Clemente Marot? Oltre che, nei libri da lui più volte citati avrebbe trovato solenne memoria della laurea poetica conferita nel 1362 dal re di Cipro e dal doge Lorenzo Celsi al fiorentino Francesco Landini, il cieco. Più grave testimonianza e più antica d’assai a mostrare la rozzezza de’ nostri padri, e, quando fosse vera, la rilassatezza ad un tempo de’loro costumi in que’vecchi tempi, si reca da taluno in una lettera, che come fattura del sommo Allighieri pubblicò Anton Francesco Doni in Firenze l’anno 1517, nel libretto intitolato: Prose antiche, ec. Libretto rarissimo, a tale da lasciar correre lungamente l’errore, che nella ristampa fattane pur in Firenze nel 1723