<&> 276 gelosia nazionale comprò la penna e la coscienza degl’ ¡storiografi. Ma valenti ingegni italiani e stranieri sorsero a rivendicare al veneziano la gloria delle sue scoperte. Si attribuisce al Da Mosto un portolano, stampato a Venezia, senza nome d’autore, nel 1490, e qui ripubblicalo negli anni 1544, 1599, 1802. Esso consiste semplicemente in una minuta enumerazione di vari porli dell’ Atlantico, del Mediterraneo, dell’ Adriatico, colle rispettive distanze ; ma il non vedervisi registrali i porti che egli visitò e scoperse lungo il litorale africano, lo fa supporre, se veramente è suo, d’epoca per certo anteriore alle sue grandi navigazioni. Egli rivide la patria nel 1463, anno in cui l’infante morì, e credesi qui finisse i giorni nel 1477. La potenza di Maometto II vincitore di Costantinopoli minacciava la libertà dell’ Europa, e la repubblica veneta vedeva imminente la rovina del suo commercio in Levante. Determinarono i Veneziani, e secoloro altri principi d’Europa, di collegare le loro armi a quelle di Ussun Cassan re della Persia, atterrito egli pure dalla prepotenza del conquistatore ottomano. Caterino Zeno fu eletto dalla veneta signoria residente presso la corte persiana nel 1471. D*ie anni conservò questa dignità, e soddisfece a’propri incarichi da uomo, qual era, illuminato ed onesto ; finche la mutata fortuna dell’ armi costrinse il re di Persia a chieder nuovi soccorsi alle potenze europee, e lo Zeno medesimo prescelse ad inviato. Fornì egli onorevolmente la missione, eccitando i principi cristiani alla difesa della fede e della patria: ma le gelosie e le discordie insorte fra quegli stessi che dovevano riunire le loro armi contro il barbaro conquistatore, fecero svanire il glorioso progetto. De’ suoi viaggi in Persia stese Caterino Zeno una relazione, che si pretende stampata nel secolo XV, ma che presto divenne rara così, che Nicolò Zeno, autore del libro dei viaggi fatti al settentrione da Nicolò cd Antonio suoi maggiori, confessa non averne potuto trovar un solo esemplare: e vi supplì stendendone egli una relazione desunta dalle memorie di Caterino medesimo, che non può meritar quelle tacce che troppo