<$«■ 76 <^> (li soslituii' altra miglior moneta, chiamata anche nei libri pubblici con egual nome delle prime; ma a motivo del suo impronto più conosciuta con quello di galiazza. Dal dritto mostra, come il solito, il santo Evangelista in piedi che dà il vessillo al doge, e s. m. ve-netvs aloy. pisani d. intorno ; e 1756 di sotto; e dal rovescio una galiazza in vista della fortezza di Corfù, che viaggia, col motto intorno : provinciis maritimis datvm, ed il num. XII nell’esergo, che dinota il suo valore in ragion di quelle lire, e simili si trovano i suoi spezzati, notati invece coi num. VI e III. Si fece del peso di grani 570 y3, col peggio 144 per inarca, perciò col fino 524 {/3 per moneta ; e dell’ importo di un terzo di zecchino, che in Dalmazia allora correva per lire 36; d’onde il valore della galiazza stessa, messo in confronto collo zecchino a lire 22, si conguaglia con lire 7: 6: 8 di quelli che allora correvano in Venezia. Fu corta la sua durata, e presto se ne tramutò lo stampo in altre monete, a cagione del poco esito che trovò nel commercio di Oriente; siccome egualmente per lo innanzi era accaduto degli altri scudi fin qui descritti. Ultima nuova moneta della zecca veneziana, e di tutte forse la più diligente e migliore, perchè lavorata per la prima volta a torchio, fu il tallero dato fuori sotto Francesco Loredano, il quale, siccome gli scudi precedenti, messo in corso per le sole provincie marittime, egualmente di quelli ebbe poi mediocre riuscita. In via di esperimento se ne ordinò la stampa ai 13 marzo del 1755. Valutandosi al prezzo di mezzo zecchino o lire 11 venete, che allora corrispondevano a lire 24 di Dalmazia, e prescrivendosi del peso di grani 552, col peggio di carati 190 per marca, onde il suo fino di grani 460 i3/M, si computò a quei giorni, che fosse di 2 grani migliore del nuovo tallero di convenzione, che, poco prima istituito, si era diffuso in quelle provincie medesime, e che con discapito del pubblico interesse vi si usava pel commercio della Turchia. Uscì questo dalla zecca nell’anno seguente coll’impronto del leone veneziano rampante, messo in uno scudo, che ha allo intorno la leggenda : franc. LAVRF.DANO dvce, ed il millesimo notalo al di sotto; e dal rovescio col busto e figura di Venezia, con manto e corno