273 non é ad allendere che ipolesi troppo avventate, se non hanno altra base all’ infuori di quella strana relazione, scritta quasi tre secoli dopo. Ai piedi di Eugenio IV, nel 1449, un uomo che aveva rinnegata la fede di Cristo per salvar la sua vita ne’ lunghi viaggi che pel corso di venticinque anni aveva fatti in Oriente, domandava il perdono delle sue colpe : e gl’ imponeva il pontefice che con tutta fedeltà raccontasse al suo segretario la serie delle peregrinazioni da lui compiute. Così dobbiamo a Poggio Fiorentino, segretario di Eugenio IV, la narrazione delle avventure di Nicolò Conti veneziano. Partito intorno al 1424 da Damasco, e attraversata l’Arabia Petrea, venne a Bagdad, quindi a Bassora. Imbarcalo sul golfo Persico, veleggiò per Ormus a Cambaia. Internandosi nel continente, attraversò, colla compagnia di negozianti turchi e persiani, la penisola (ino a Bisinagar (Vizianagur), spingendosi quindi fino alle foci del Gange. Visitò la provincia di Ava, le rive dell’Iravaddi e del Tanasserim, e, rimessosi in mare, navigò alla volta di Sumatra. Vide Giava, Ceilan, alcuni porli del Malabar, e per il mar Rosso venne in Egitto. Quivi la peste, che allora infieriva, lo privò della moglie e di due figliuoli : i due, che ancora gli restavano, lo accompagnarono alla sua patria. Molto è succinta la relazione che ha dato il Poggio di questi viaggi, e nella determinazione delle linee percorse dal Conli, peccò di tanta inesattezza, che a mala pena si può conghielturare quali strade tenuto egli abbia : è per altro ingenua e veritiera la descrizione dei costumi indiani. Credette il Ramusio, che primo pubblicò in italiano le peregrinazioni di Nicolò Conti, che fosse mutila la relazione del Poggio, e che il viaggiatore avesse anche visitata la China. Ma l’esame di alcuni codici contemporanei al Conti medesimo convinse il diligentissimo Zurla dell’ inganno di Ramusio. Il Conti non si allontanò dalle coste e dall’ isole indiane ; e s’egli ha narrato anche del Cataio e del Mangi, fu solo dietro notizie avute d’ altrui, siccome vol. i, p. u. 35