38 da Cesarea (1), non fosse militarmente praticabile. Per questo non fu battuta, nè prima, nè poi, da nessuno degli invasori. La contrada, intersecata da fiumi, non offriva sicuro transito : e fu buona ventura, perchè furono risparmiati alla piccola oasi gli orrori della distruzione. L’astutissimo Narsete, preparando con acuto intuito 1’ avanzata dell’ esercito diretto contro nemici, che parevano invincibili, Goti e Franchi, aduggiò lo sguardo sopra la laguna, nella certezza di guadagnare Ravenna dall’ Istria, senza esser molestato dagli avversari, arrocati sopra la terraferma (2). Il consiglio di uomini pratici dei luoghi segnalava la possibilità di girare alle spalle le posizioni nemiche. Nella difficile e faticosa marcia fu favorito e aiutato, oltre che dalle navi proprie per il necessario vettovagliamento, dal patrimonio marinaro di navi e barche (più barche che navi) custodito senza timore di minacce belliche tra gli anfratti lagunari, per il trasbordo fluviale (3). (1) Procopii, De bello gotico, IV, I (2) Pkocopii, De bello gotico, IV, 26. (3) È dubbio se la napaXia procopiana, percorsa dall’esercito di Narsete, trasbordando le foci dei fiumi con il sussidio di molte barche, requisite tra le genti suddite della laguna, e di navi, condotte dall’ Istria, possa essere identificata nella linea costiera della terraferma o in quella litoranea della lagima. Narsete, non disponendo di una armata navale sufficiente (Pitocopn, De bello gotico, IV, 26) a trasportare 1* esercito dall’ una all’ altra sponda per mare, lo aveva fatto avanzare da Salona per via terrestre. Giunto in prossimità del territorio veneto, presidiato dai Franchi, sollecitò da questi libero passaggio, ma incontrò un aperto rifiuto. Totila, calcolando sopra la fedele collaborazione degli alleati, aveva concentrato la maggior parte delle milizie gote intorno a Verona, e aveva incaricato Teia di organizzare un vasto campo trincerato dal territorio veronese alla linea padana, alla quale erano appoggiate le ultime difese per sbarrare la strada principale. Con le residue truppe egli sorvegliava gli scali marittimi da lui controllati, pronto a respingere gli eventuali tentativi di sbarco degli avversari lungo la costa adriatica. Egli era convinto che 1’ esercito romano non potesse transitare 8ià xij; TtapaXiaj xóAitou xoO ’Ioviou, perchè intersecata dalle foci di numerosi fiumi inguadabili (Procoph, De bello gotico, IV, 26). Forse è da ravvisare in essa la strada litoranea più che quella costiera di terraferma, tenendo conto della nozione che Procopio aveva di tutta la costa italica, da Ravenna ad Aquileia, conforme a quella di Cassiodorio. Le strade venete e istriane di terraferma stavano sotto il controllo dei Franchi e dei Goti, padroni delle due regioni (cfr. la lettera di papa Pelagio al patrizio Valeriano del 558, nella parte