198 Annali d’ Italia: la di lui tutela il governo de gli Stati. La maniera da lui tenuta per far quello colpo , la fapremo fra poco, richiedendo ora la voce fparfa contro i’onore dellTmperadrice Agnefe , ch’io premunifca i Lettori con avvertirli della malvagità, che allora più che mai era in voga. Facile è 1 oilèrvare , che i tempi di guerra fon tempi di bugie ; ma non lì può dire abbùllanza , quanto larga briglia fi lafciaife in quelle, e nelle feguenti difcordie fra il Sacerdozio e 1’ Imperio alla bugia , alla laura , alla calunnia. Le più nere iniquità s’inventarono e fparfero de i Papi, de” Cardinali, de’Vefcovi da chi era loro contrario; ed altre vicendevolmente fi fpacciarono da i mal’affetti contra di Arrigo IV. e di tutti 1 fuoi aderenti. Però ila a i prudenti Lettori il camminar qui con gran riguardo , predando {blamente fede a ciò , che fi truova patentemente avverato dalla milera coilituzion d’ allora . Ne* già fi può fallare in credendo , che Arrigo IV. lì feoprì col tempo Principe d’indole cattiva, incollante e violento, e che tutti i Vizj prefero in lui gr»n piede per qualche difetto della Madre; ma più per 1’ educazion feguente ; e che la vendita de’ Vefcovati, delle Abbazie , e dell’altre Chiefe, cioè la Simonia , era un mercato ordinario di que’si fconcertati tempi, per colpa fpezialmente delia Corte Regale di Germania, in cui più po-tea l’amore dell’oro, che della Religione * e troppo regnava 1’ ' abufo, non però nato allora, di eguagliar lo fpirituale al temporale. Ora o fia, che i maneggi fegreti della Corte di Roma, o quei del Duca Gotifredo disponeffero in Germania un ripiego per liberar la Chiefa dalla velfazione dell’indegno Cadaloo , o pure che il fuddetro Annone Arcivefcovo, Prelato tenuto in concetto di fanta vita , con altri Principi lo trovalfe ed efeguilfe, per mettere fine allo Scisma: certo è, che in quell’Anno elTen-do ito elfo Arcivefcovo pel Reno a vifitare il Re Arrigo, giovane allora di circa tredici anni, dopo il delinare l’invitò a veder la nave funtuoliliuna, che 1’avea condotto colà. V’andò di r-iul-la fofpettando il femplice giovanetto, ed entrato che fu, fi diede tollo di mano a i remi. Sorprefo da quell’atto il picciolo Re, temendo che il conduceffero a morire, fi gittò nel fiume, ma fu falvato dal Conte Ecberto, che faltò anch’effo nell’acqua. Su quella nave adunque pacificato con carezze fu condotto a Colonia, dove retlò fotto il governo di quel faggio Prelato, al quale da i Principi ne fu accordata la tutela, L’Imperadrice Agnefe tra-