o» 405 •*=- Abbiamo dello non essere città nella quale meglio che in Venezia si conosca, che l'architettura è solenne, è perpetuo testimonio della storia. Aggiungiamo che forse non v’è città nella quale meglio si dimostrino le vicissitudini dell’ architettura, dal primo bagliore della seconda civiltà fino ai giorni nostri, nei quali non conta molli trionfi. La singolare posizione delle acque sulle quali torreggiano e si specchiano gli edifizi, che parlano tanta storia della nostra nazione, attestano la eccellenza dell’ umano intelletto, la potenza dell’ ardire umano, le singolari veci della fortuna, quello che una volonlà incrollabile, un sincero amore della terra materna possono fare da chi persevera nel proposito, apertamente, solennemente. E nello stesso tempo mostrano le glorie dell’architetlura. Ned è cuore gentile che non batta più forte, sia che il nostro sole sparga il tesoro de’suoi raggi, invidiali da altri popoli, sugli edifizi d’ ogni stile, sia che gli illumini il mite raggio della luna e regni il silenzio notturno, o l’interrompa l’allernare delle musiche e della voga dei gondolieri che frangono 1’ onda che pare d’argento. Non fosse per altro, egli è per le sue architetture che Venezia si mostra quale fu ; regina potente, posta fra due civiltà, conservatrice dell’antica, distributrice della nuova al genere umano. Architetture mirabili che uniscono la ricchezza bisantina alla fantastica vaghezza dei saraceni, lo stile archiacuto alla magnificenza italiana. Sorge il palazzo lombardesco, ed ha di fronte reliquie che non invidiano quelle di Cordova e di Granata. E l’abside settentrionale sta d’accosto alla bizzarra magnificenza del Longhena, mentre da un lato è la fronte romanesca che il Palladio architettò, e a tutti questi edifizi sovrasta quel prodigio del Calendario, il palazzo che fu del comune, ed ebbe nome dai dogi che ne abitavano piccolissima parte. E vie strette, circondate da botteghe, similissime ai baz-zari del Cairo, conducono nella piazza, che Napoleone disse la più magnifica sala del mondo, degna vòlta della quale è l’azzurro firmamento. Per lunghi anni abbiamo veduto molli splendidi edifizi essere distrutti, molti ne vedemmo pericolare. Noi e i noslri connazionali