373 la complicità di vigili custodi, facilmente corruttibili. Ma l’abuso, in proporzione al volume dei traffici, aumentava l’onere. L’arbitrio non aveva alcun limite e al trafficante era posto il duro dilemma : o pagare, o tornarsene a mani vuote. Così era toccato all’ ingenuo vescovo, non esperto delle malizie dell’ordinaria vita mercantile. Anche questa, d’altronde, non poteva vivere in eterno assillo precario : e quanto più l’attività diventava intensa, tanto più forte era sentito il bisogno di stabili norme, che alleggerissero il peso dell’ arbitrio. Questo fu il problema, che, proposto durante gli ultimi anni di governo di Tribuno Menio (1), costituì uno dei capisaldi della politica estera del successore, ispirata a sana realtà, senza preconcetti unilaterali. Pietro Orseolo, sensibile agli interessi generali della nazione, con la sua opera fissava i lineamenti di una dottrina, nella quale era virtualmente contenuto il segreto di tutte le fortune successive, dottrina di mercanti, maturata dal senno dell’esperienza più che da studio teorico. La fisionomia territoriale e la struttura politica reclamavano dalla vita veneziana l’esercizio di una pratica, che non poteva essere trascurata. Stato mercantile e marittimo, posto tra due sfere di scambio di diversa economia, doveva ricercare la vitalità del traffico e della navigazione nell’ equilibrio politico ed economico di mercati, talora armonici, talora antitetici (2). La funzione mediatrice dell’attività veneziana, sagacemente esercitata e protetta, metteva il ducato al riparo delle insidie di potenze maggiori, che lo minacciavano di assorbimento. La mente dell’Orseolo fu sollecita a cogliere in questa realtà 1’ attimo favorevole per trarre il miglior utile. Forse alcune conquiste possono sembrare di scarsa importanza, e i risultati, secondo un apprezzamento singolare, inferiori allo sforzo compiuto. Ma l’accorto duca perseguì le idee grandi e le piccole. Le une e le (1) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 148. (2) Quetto carattere è messo in luce dal quasi contemporaneo espositore delle Honorantiae pavesi: Et Ma gens non arai, non seminat, non vindemial. lsl\id censurn appellai pactum, eo quod gens Venetorum potest emere in omni portu granum et vinum et Morum dispendio in Papia facere et nullam molestiam recipere. (Instituta cit., ed. Hofmeister, p. 12; Solmi, L'amministrazione cit., p.21).