■<&* 595 ■»€=>■ qiiallroccnlo cinquanta aperture nella ironie di una fabbrica, seppe usare cosi sperta distribuzione di gravità, tale una genlilezza di sagome, cosi semplice e vario movimenlo di lince, tanta magnificenza ed in uno tanta sobrietà d’ornamenti, da far credere quella fabbrica meglio opera d’incantesimo di quello sia di severi calcoli archilei-tonici. Maraviglioso uomo, in vero, che in uno stesso edifizio provvide e portici per lieto e comodo passeggio e per uno splendido bazzaro, che nelle sovrapposte abitazioni, moltiplicando le finestre, lasciava godere tutta quella ricchezza, che Dio largì alla noslra terra, il sole, ed in uno preparava magnifico pulvinare dal quale godere gli spettacoli di un circo non immaginato dagli antichi. Così non fosse stata barbaramente distrulla quella parte dell’edifizio che ne formava l’angolo, nè fosse interrotta la continuità delle linee dalle linee diverse del prossimo edifizio, che prospetta di fronte, coronato da un attico immane. Sono molti, ed anche nobili ingegni, che, innamorati dell’architettura settentrionale, credono che la preghiera esca meno calda dal cuore per salire al cospetto dell’ Eterno fuori delle chiese d’architettura settentrionale. Noi crediamo che l’architettura ecclesiastica lombardesca, benché non sia settentrionale, pure possa dirsi veramente cristiana, in essa la gentilezza nulla togliendo alla mestizia, la solennità alla modestia, sebbene ricca non essendo punto profana. Questa luce vi penetra, la cupola si leva, ma non acuminata come s’addice a que’ cieli dove la neve scende copiosa, e dura ospite lunga. Le parti interne servono alle sacre e misteriose pratiche della nostra religione, nè vi sono appiccicate per forza, come in quelle chiese che s’ ebbe e s’ ha il mal vezzo di copiare dal paganismo. A Dio s’ alza il pensiero, la fede s’ afforza, la speranza si nutrica, il contristato trova conforti in quella chiesa vero giojello, opera di Pietro Lombardo, che s’ intitola a Nostra Donna de’ Miracoli. Altre poirei accennarne: ricorderò l’interno della basilica del Salvatore, che potrebbe dirsi intatta, se a questa nobile fattura di Tullio Lombardo certi dabbene canonici lateranensi, slimando crescerne il pregio, non ne avessero aperte le cupole, e Vincenzo Scamozzi diede a sé come vanto tale profanazione. vol. i, p. il. 50