<$«■ 319 «o uomini e di cavalli, varietà di vestili, pompa, splendore, dignità, letizia propria di tanto giorno. — Felice Bmsasorci, il giovane, figlio di Domenico, rimasone orfano nel tempo che n’era discepolo, continuò i suoi studi in Firenze presso il Ligozzi, e riportò a Verona uno stile diverso assai della paterna maniera. È delicato molto e gentile, e nelle quadrerie se ne veggon Madonne con fanciulli e angiolini vaghissimi, le cui fisonomie tirano al paolesco, ma sono alquanto più scarne. Né lascia di esser forte, ove il soggetto lo esige. Molte opere di Felice sono sparse per le chiese di Verona, fra le quali la Santa Elena alla sua chiesa è bellissima. Non si esercitò ne'freschi, come il padre, nè ebbe ugual genio; fece però anch'egli opere di macchina, e l'estrema fu il cader della Manna per la chiesa di S. Giorgio; quadro assai grande e beninteso, a cui dieder l’ultimo compimento due valorosi allievi, 1’ Ottini e l’Orbetto, che si riserbano ad altra epoca. Anche i suoi ritratti sono pregiati, a’ quali non cedon molto quei di Cecilia sua sorella, che dal padre ne apprese l’arte. — Gio. Ballista Bmsasorci, fratei dei predelti, scolare del Caliari, di cui restano in Verona lodati lavori, passò in Germania agli stipendi di Cesare, nel qual uffizio morì. — Fu superstite a tulli questi e a tutta quasi la famiglia de’Caliari, Paolo Farinato, tanto gran pittore, quanto l’altro Paolo è leggiadro. Vuoisi che dopo la scuola del Giolfmo fosse anch'egli in Venezia a studiare Tiziano e Giorgione: a giudicar dallo stile, si direbbe assai volte che Giulio Romano fosse il suo maestro di disegno, e nelle tinte non trascurasse i Veneti, ma si formasse un suo sistema. Nel quadro che fece a San Giorgio dirimpetto a quel di Felice Brusa-sorci, si vede quanto valesse. Rappresenta la Moltiplicazione dei pani nel deserto, e vi è molto popolo di figure, parte ritratti e parte teste ideali. E questo un de’ pochi pittori che, avanzandosi ne"li anni, non sia tornato addietro nel merito delle opere. Lanzi il loda assai, e dice ch'egli è quell’artista di cui, lasciando Verona, gli sia dispiaciuto non aver vista ogni opera. — Orazio suo figlio fu imprestato all’ arte per pochi anni. L’elogio maggiore è di essersi in quella sua breve età tenuto d’accosto molto allo stile e al