-=$«■ 210 o Il nome di cocca, secondo l’eruditissimo nostro Gallicciolli, deriva da caucos, concavo ; Girolamo Zanetti, nell’ Origine di alcune arti appresso i Veneziani, p. !\2, lo trae dal greco xói/x/of, concavo, incavato, mentre fino dai tempi omerici le navi portavano l’aggiunto di concave, e si conserva in qualche modo fra noi con quello poco diverso di coccia, che si dà ad alcune navi da trasporto e da merci: egli le fa introdotte fra noi molto avanti al secolo di cui scriviamo, ma qui vengono poste, perchè appunto in questo secolo le troviamo nominate la prima volta. L’equipaggio, in alcune di queste navi da guerra, ascendeva alla forza di 1000 uomini, mentre le più comuni ne avevano 700 e spesso anche 800. Come abbiam detto, il loro cammino si otteneva con l’uso delle sole vele; e, secondo le più mature considerazioni, dietro il confronto de’ tempi e delle circostanze, possiamo asserire che le cocche furono i primi navigli sui quali abbiano i Veneziani applicate le artiglierie, essendo certa cosa che essi primi usarono sul mare le bombarde, battagliando alle alture di Capo Alger nel mare di Sardegna, contro i Genovesi l’anno i34<). GANZARUOLO. Legno da corsa. Questo naviglio leggero costruivasi di varia grandezza. Alcuni dei nostri autori mettono il ganzaruolo insieme alle tarete ed alle marciliane in questo secolo XIII. Alcuni descrivono il ganzaruolo come semplice imbarcazione a corredo delle cocche e di varii altri bastimenti da guerra. E ignota la etimologia di questo nome, a meno che, con l’erudito Zanetti, non la si voglia trarre da panzaruolo o gussarolo, quasi barca panciuta ed aguzza alle estremità sue. Troviamo che i ganzaruoli del XIV secolo portavano 3o remi, e sappiamo altresì che anticamente, alle rive della piazza di San Marco, stavano pronte alcune barche, a mo’ Ai feluche, appunto denominate ganzaruoli, nelle quali s’imbarcava la gioventù veneta nobile insieme e plebea, e vogando portavasi al Lido per esercitarsi al bersaglio di arco e di balestra, volere essendo della nazione che la gioventù stessa si occupasse, principalmente nelle giornate festive, in esercizii valevoli a conservarla sana, forte, agile, robusta, per ricavarne poi intrepidi e coraggiosi soldati. Quest’utilissimo esercizio non venne mai posto totalmente in disuso, anzi fino al cadere della repubblica eravi una confraternita militare, un corpo di milizia urbana, denominata de’bombardieri e bombisti composta di cittadini e di bottegai, i quali, insieme agli arsenalotti, esercitavansi al Lido nella manovra del cannone e de’mortari da bomba sempre a fuoco vivo. Sull’armata navale condotta da Angelo Emo contro i Barbareschi, nell’anno 1784 e seguenti, vennero imbarcati questi veneziani come artiglieri, e mostrarono, ne’varii bombardamenti delle piazze marittime dell’Africa settentrionale, quanto valgano l’intelligenza, la pratica e l’assuefazione alle fatiche del corpo. G ALALDELO. Legno da corsa. Forse una modificazione del ganzaruolo, cui certamente era simile. Tanto il galaldelo come il ganzeruolo ed anche il penschermo, del quale andiamo a ripetere il nome, erano tutti altrettante imbarcazioni, sovente assegnate per gli usi dei più grossi navigli da guerra. La Cronaca Barbaro, anno i384, non fa distinzione alcuna fra i galaldeli e le fuste.