-«s» 473 «£> mezzo fra il recitare e il cantare. Parlo delle canzonette che dicons i appunto veneziane, barcaruole, arie da battello, scherzi, serenate, di cui abbiamo ricche raccolte, per Io più senza nome d’autore; le quali ariette, quantunque siano per la più parte di fresca data, sono però modellate secondo forme popolari ed antiche. La salubrità del-l’aria notturna nei nostri canali, che permette di pigliarvi il fresco dopo i caldi soli d’estate; il quieto moto della barca, che consente di spiegare i propri affetti col canto, senza frastuoni ; la doppia (ila di palazzi, che vi raccoglie e rimanda il suono ; hanno consigliato, fino da antichi tempi, in Venezia il costume, che solo da pochi anni si fece raro, di sollazzarsi fra canti e suoni le estive notti pei nostri canali. E tanto era comune, quest’ uso fin su ’1 principio del secolo decimosesto, che il vicentino Porlo, scrivendo il 16 maggio del 1309 al Savorgnano della mestizia sparsa in Venezia dalla rotta di Giara d’Adda, diceva che non s’udiva più per li rii la notte alcuna sinfonia, di che con sommo diletto degli abitanti di questa città a tuie stagione suole essere abbondevolissima. E quei canti, usciti talvolta anche da rozze donnicciuole, si trassero l’attenzione fin del grande Marcello, che, ammirandovi distinta fra le altre la molle e sonora voce di Rosana Scalfì, la chiamò a sè, e d’una povera artigianella formò una famosa cantante. Nè codesta musica popolare de’ Veneziani fu sempre abbandonata alle sole ispirazioni della natura : l’arte non la giudicò indegna del proprio studio ; e la canzonetta veneziana passò a rallegrare fin le accademie reali, e l’umile barcaruola, coltivata da’ più grandi maestri, trovò grata accoglienza tra lo splendor delle scene. Poco dopo la metà del secolo decimosesto, Giulio Bonagiunta, cantore della ducale cappella, facea la musica di canzonette veneziane ; ed altre più ricche di modulazione e di brio ne pubblicava nel 1601 Giovanni Croce, che fu poi maestro della cappella medesima. Segnalossi nelle barcaruole, su l’entrare dell’ altro secolo, quel Salvatore Apolloni, che da una bottega di barbiere usci, non si sa come, sonator di violino, e scrittor di drammi applauditi. Nè tacerò quell’Angelo Colonna, che intorno a quel medesimo tempo resse in Germania le orchestre di più principi, e fece musiche di balli vol. i, p. h. 60