320 il fare più aperto e men carico di scuri : nè le sue mezze tinte compariscono mai bigie o ferrigne, ma belle, e vere, e lucide, in una parola si conformano allo stile del Correggio più che a verun altro, secondo il Mengs. Pochi lavori di Giorgio rimasero in Venezia, e, tranne la Burrasca posseduta dalla Accademia, la famosa Famiglia e 1’ Astronomo in galleria Manfrin, e qualche altra tela minore, altro non rimase alla cupidità degli stranieri. Ma ben la di lui patria Castelfranco e il monte di Pietà in Trevigi possedono due tavole egregie. — Morto Giorgione nella fresca età di anni trenta quattro, rimasero le sue opere piuttosto che i suoi allievi. — Vasari, Ridolfì e Bo-schini ne accennano alcuni, fra’quali, Pietro Luzzo da Feltre, detto Zarato o Zarotto, che di scolare di Giorgione fatto suo rivale, gli sviò di casa una femmina da lui amata fuor misura, dalla cui perdita, come alcuni raccontano, accorato, morì ; quantunque altri il faccian morto di peste, che praticando con tal donna aveva contratto. Il Luzzo sembra veramente, per opinione del Lanzi, che acquistasse il nome di Morto da Feltre e di Zarato per la morte eh’ ei trovò combattendo sotto Zara, e che dall’ età sua, maggiore di quella di Giorgione, piuttosto che scolare, possa dirsi ajuto di lui. E figurista ragionevole, che che ne dica il Vasari, e nella tavola della Vergine, fra i ss. Francesco ed Antonio a Santo Spirito in Feltre, e nell’ altra a Villabruna, se sue sono, come le vuole il Cam-brucci, si vede l’error manifesto dello storico Aretino.— Giovanni da Udine, pur creato dal Giorgione, innestò con felice successo il fare della veneta scuola con la romana; poiché, passato nella eterna città, fu amalo dal Sanzio per modo, che questi seco il conduceva ovunque siccome suo ajuto : e lo ajutò in fatti nel condurre a fine le logge nel Vaticano ed altre opere egregie. Morendo, Giovanni volea anche che le stanche sue ossa trovassero pace appo quelle del maestro. L’Accademia conta una sua tavola, ed il palazzo Grimani a Santa Maria Formosa vari suoi pregievoli affreschi. — Resta dire di Sebastiano dal Piombo, di fra Marco Pensaben e di Francesco Torbido, veronese, soprannominato il Moro, giacché degli altri scolari, come di Lorenzo Luzzi, poco si sa. Il primo, cioè Sebastiano,