Anno -MCCCCXCIL 3^5 a gara diedero gli Scrittori iuoi contemporanei a Lorenzo, fin-gotar fu quella del fuo amore non mea verfo le Lettere , che verfo i Letterati. Seguì verfo il fine di Gennaio , fe crediamo al Rinaldi (a) , o più torto di Maggio, come vuol l’Infertura (¿), (a.) RaynaM. accòrdo fra Papa Innocenzo , e il Re Ferdinando . Probabilmente rtV1', la paura ottenne dir, che la ragione non avea finquì potuto con- Dìar "p. 2.’ feguire. Sapev/il Re, quanto là fua crudeltà avelie alienato da Tom.?. lui l’animo della fua Baronia , e ftar erta colle m^ini giunte af- Rer' IlaLc' penando, chi venirte alla conquifta di quel Regno . Non era ignoto, che vi pretendea Cario Vili. Re di Francia per le ragioni ( non cerco, fe fondate o no ) a lui cedute da Renato Duca di Lorena. Andava in oltre crefcendo del rancore tra Ferdinando, e Lodovico il Moro. Però venne il tempo di pacificare il Papa, per averlo alle occafioai non nemico, ma favorevole. Si conchiufe dunque l’accordo, avendo il Re promefiò di pagar l’annuo cenfo, come avea pattuitoli Re Alfonfo fuo Padre. Ferdinando il Cattolico quegli fu, che trattò l’affare. In fegno della rinovata buona amiftà entrò in Roma nel dì 27. di Maggio Ferdinando Principe di Capoa, primogenito d’Alfonfo Duca di Calabria, e Nipote del predetto Re Ferdinando ,il quale diede l'ultima mano a quella Pace. Sfoggio di magnificenza tale fece il Cardinale Afcaruo Sforma accogliendo nel fuo Palagio quefto Principe, che ITnfefTura non fi attentò a darne la relazione per timore, che forte creduta un’ efagerazione o fola. E i buoni Napoletani, non contenti di sì nobil trattamento, nell’andarfene portarono feco per memoria anche gli apparati delle ftanze , i panni lini, e tutto quanto poterono dal Palazzo d’erto Cardinale. Sul princìpio di Luglio cadde gravemente infermo Papa In- • nocemmo Vili, e da che fece remer di fu*a vita, i Cardinali mifero in Cartello Sant’Angelo Zifim fratello del Gfan Signore (f). Nella notte poi del dì 25. d’erto Mele venendo il dì 26. ter RonD‘ar' minò il Pontefice le grandezze umane.con gran compunzione di Tom.todem, cuore , per comparire *al tribunale di Dio. L’eftere egli rtaro uomo manfueto, ed amator della pace , e l’aver fajto di belle Fabbriche in Roma, cagion fu, eh’ egli lafciarte pili! torto dopo di sè un buono, che un cattivo-nome. Pel defiderìo violento, comune ad altri Papi di que’tempi, d’ arricchire il Figlio luo Fran-cejchettj Cibò, diede occafione di morm<">nire a non pochi. Tuttavia non imitò egli alcuno dePiedeceffori, Aè fimile fa ad al-