86 Annali d’ Italia. nio. Trovandoli uniti, iìccome dicemmo, Braccio e Tartaglia, contra d’amendue con grande ardore procedeva Sforza, feco conducendo Conte da Carrara, Gian-Antonio Orjìno Conte di Ta-gliacozzo, ed altri Baroni Romani. Giunto nel dì io. d’A goffo „lino alle mura di Roma , mandò il guanto fanguinofoa Brac-ciò in fegno di sfida della battaglia (a). Ma Braccio, che non Tom. xxiV- fi volea azzardare con un sì potente nemico, maffimamente per-Rer. Jtahc. chè non Vedea ficure le fpalle da i Romani ftefiì, eleffe il partito di battere la ritirata; e però nel dì 26. del fuddetto Mefe ufcì di Roma, e s’inviò alla volta di Perugia. Nel giorno feguente Sforza co’ fuoi entrò nel Palazzo del Vaticano colle bandiere della Chiefa e della Regina; creò di confenfo del Cardinale Legato nuovi Ufiziali in Roma; e nel dì 3. di Settembre fece condur prigione in Cartello il Cardinale di Santo An- {^elo colpevole d’intelligenza con Braccio. Quefti non vide più a luce, nè altro fi feppe di lui. Niccolò Picinino da Perugia, che militando nell’ Armata di Braccio, avea già incominciato ad acquetarli nome di valente Capitano, e divenne poi sì celebre col tempo, era rimafto a Paleftrina e a Zagaruolo con quattrocento cavalli. Le feorrerie e i faccheggi, ch’egli andava facendo fino alle porte di Roma, incitarono Sforza a liberar la Città anche da quello nemico» Fu Sconfitto il Picinino e fatto prigione, con altri de’fuoi, e folamente dopo quattro mefi rilafciato col cambio d’altri prigionieri di Braccio e di Tartaglia. Erafi fermato a Tofcanella lo iteiTo Tartaglia con un graffo corpo d’armati. Moriva di voglia Sforza di fare a quefto fuo nemico un brutto gioco ; all’ improvvifo fi portò colà con is-quadre feelte d’armati; mandò innanzi affai faccomani per tirarlo fuori della Terra , nè andò fallito il fuo penfiero . Tartaglia ufcì co i fuoi, e fi mife ad infeguire i fuggitivi, quand’ ecco fi vide venir incontro le fchiere di Sforza. Caldo fu il combattimento , in cui Francesco Figliuolo di Sforza , giovane allora di Tedici anni, diede il primo faggio del fuo valore, come fe folle flato veterano nel melliere dell’armi. La peggio toccò a Tartaglia, che corfe pericolo d’elfere prefo, ed ebbe la fortuna di falvarfi nella Terra . Svernò pofeia l’invitto Sforza (h) Campa-in Roma, e lafciato un buon prefidio fotto il comando di Fof-nus Pa. chino fuo parente, nella Primavera fe ne tornò a Napoli. In-TÒm ip. 4 tanto Braccio ritornato a Perugia , (¿) attefe a conquiftare, o Rer, haiu. a rendere tributarie varie Terre della Chiefa, cioè Todi, Or- vie-