o» 542 <*£»■ nè anzi il volea presente quando dava opera a colorire ; il perchè, tratto Jacopo dal desiderio di avanzare nell’ardua carriera, spiava di furto, pei fori dell’uscio, l’avaro maestro; e così facea del suo meglio per cavarne un qualche raggio d’ ¡ostruzione, a cui, aggiunlo lo studio intenso nei disegni del Parmigianino, e nel ricopiare i quadri del maestro e di Tiziano, potè nel privato esercizio esercitare le proprie forze. Mortogli il padre, fu stretto a rivedere la patria, ove fermatosi, creò quella nuova maniera che sopra si disse. La quale è tutta sua sì nel gustoso delle composizioni, quanto nel serrato del lume, senza togliere all’armonia, che spicca anzi mirabilmente : perciocché con le rare luci, colle mezze tinte frequenti e colla privazione de’neri, Jacopo accorda maravigliosamente i colori più opposti. Nel degradare i lumi, spesso fa che l’ombra della figura interiore serva di campo all’esteriore, e che le figure pochi lumi abbiano, ma fieri e gagliardi ove elle fanno angolo; come nella sommità delle spalle, nel ginocchio, nel cubito; al quale oggetto usa un’ andatura di pieghe naturale in apparenza, ma sommamente artificiosa, per favorire il sistema. Secondo la varietà de’panni, varia le lor pieghe con una finezza d’intendimento eh’è di pochissimi. I suoi colori rilucono tuttavia come gemme, special-mente i verdi che hanno uno smeraldino proprio di lui solo. Non è, a dir vero, Jacopo di fervida fantasia, chè molte volte replica i soggetti medesimi, e in tutti introduce alcune figure, alcune teste sempre le stesse. Malgrado però i suoi difetti, fu onorato di somme lodi da più rinomati pittori, da Tiziano, cioè, da Annibai Caracci, dal Tinloretto, che si augurava il suo colorito, e in qualche parte volle imitarlo. Sopra lutti gli fece onore Paolo Veronese, che gli diede per discepolo Carletto suo figlio, affinchè lo istruisse in parecchie pratiche, e specialmente in quella giusta dispensazione di lumi dall’una all’altra cosa, e in quelle felici contrapposizioni, per cui gli oggetti dipinti vengono realmente a rilucere; eh’è la gran lode che allo stile di Jacopo dà l’Algarotti. Poche opere lasciò qui in Venezia, ma quelle poche attestano il suo pittorico valore. Le vedremo nel palazzo ducale, nella R. Accademia, a San Giorgio