della Marina Militare. glio si compose del Tuckery cui, non si sa come, un cilindro erasi sfondato ; ed a Palermo questa avaria si riparò alla meglio: e dei trasporti Washington, Franklin ed Oregon, cui s’aggiunsero presto la Vittoria, il Cambria, il Plebiscito, il Rosolino Pilo, l’Indipendenza, il Calala/imi, il Ferrucccio ed il Weasel, tutti vapori comprati qua e là, cui niuno pensò a guarnire di cannoni ed a trasformare in navi da guerra atte ad incrociare contro le fregate e corvette a vapore di Francesco II. E vero die nel 1860 Palermo non era la industre città d’oggi e certi mutamenti architettonici non erano facili. Lo stato maggiore della marina siciliana fu racimolato tra capitani mercantili poco o punto pratici di cose guerresche, nè era colpa loro. Gli ufficiali furono troppi, i marinari pochi ed insufficienti ; nè sull’ordinamento della marina aleggiò mai lo spirito largo di Garibaldi ; piuttosto quello gretto de’ vari comandanti in capo della marina stessa che a vicenda furono il Piola, passato dalla squadra sarda alla siciliana, uomo ancor nuovo al paese non suo ed all’ azienda ond’ era chiamato, l’Anguis-sola non punto amato e non troppo stimato, ed il Castiglia che fu il migliore dei tre, senza dubbio. In ogni modo, un po’ per colpa dei casi, un po’ degli uomini, un po’ delle contingenze di luogo, la marina siciliana lasciò sfuggire l’occasione di affermarsi seriamente nella fusione dei vari corpi onde uscì poscia la marina italiana. I Ruggero di Lauria, i Corrado Lancia, non nascon sempre, ahimè! Ma dovunque Garibaldi è Bixio ebbero campo di valersi della marina siciliana, essa fu lodevole ed utilissima, voglio dire nei preparamenti allo sbarco di Garibaldi stesso in Calabria. Il Tuckery andato in comando al veneto Dionisio Liparacchi ebbe parte alla fazione di Milazzo. Garibaldi (marinaro sempre anche quando campeggiava in terra) lo mise il 20 di luglio presso al castello di Milazzo. Del trinchetto si serve come luogo di vedetta per scrutar le mosse del nemico ; poscia ordina al comandante d’inoltrarsi in rada e di far fuoco sui soldati borbonici quando essi, fugati, andassero a cercare rifugio nel castello. La macchina del Tuckery, per causa di quel tal cilindro sfondato, si arrestò giusto quando la corvetta doveva andare a pigliar la no-