della Marina Militare. i fatti eli Genova assicura (e ciò è confermato da numerosi documenti) che i prigioni furono trattati con ogni cortesia. Si noti però che l’assalto a San Francesco era una diversione intesa ad ingannare i difensori, perchè 2500 uomini, diretti dal Tourville, secondato dal Duca di Mortémart comandante delle galere e dal signor di Lhéry capo squadra, sbarcavano contemporaneamente a San Pier d’Arena, ai piedi delle mura di Genova, le quali si distendevano giù giù dalla collina sino a porta Lanterna. Ivi la lotta fu più accanita. Il Lhéry vi ricevette un colpo di moschetto che lo uccise. Tourville fortemente si trincerò ai piedi della Lanterna, mentre San Pier d’Arena per il fuoco da mare e per opera anche delle schiere sbarcate andava in fiamme ed a sacco. Già le miserie inevitabili di sei giorni di bombardamento si facevano sentire in città; e Genova conteneva molti francesi, negozianti, proprietari di case ed interessati quanto i genovesi alla conservazione dei loro stabili. La pietà dei cittadini per il loco natio e dei residenti francesi per la jjatria d’adozione consigliarono il Senato a chiedere un’ onorevole capitolazione, della quale il papa Innocenzo XI si offri mediatore. D’altra parte in Francia stessa l’atto brutale del Seignelay era dispiaciuto e re Luigi XIV, più curante della opinione pubblica di quanto comunemente si creda, bramava in cuore uscire dalla brutta via ove erasi avventurato. I Francesi si rimbarcarono; poi, diplomaticamente, la cosa si aggiustò con la visita del Doge e di quattro senatori a Versailles. L’indignazione pubblica in Europa era stata però immensa; le gazzette olandesi scrivevano frasi roventi contro Luigi XIV ; le donne spaglinole ed inglesi mandavano indirizzi di felicitazione e di simpatia alle belle patrizie di Genova. A vero dire poi, 1’ onore militare della Serenissima era salvo, perchè dentro la città niun francese era penetrato se non prigioniero. I due governi di Versailles e di Genova determinarono la modalità di ben studiato cerimoniale riguardante la famosa visita del doge imperiale Lercaro e del collegio di quattro senatori coi quali il re Luigi abbondò di cortesie; e senza dubbio cercò colla gentilezza del tratto accomodare la malvagità dell’assalto.