della Marina Militare. 299 alberi di gabbia e di velaccio. La inedia forza numerica dell’equipaggio d’una nave si calcolò dal nuniero de’suoi pezzi moltiplicato per nove. Tra gl’inglesi l’equipaggio rassegnò sempre in buon dato un distaccamento di soldati di fanteria marina. Non così in Francia ed in Ispagna, ove a vicenda ora s’imbarcarono soldati, ora no. Le esigenze delle campagne lontane richiesero molti viveri e le navi furono dagli architetti disegnate colla mira che contenessero sei mesi di viveri e tre d’acqua. Le carene furono fasciate con chiodi di ferro, come altrove ho detto, fino verso la fine del XVIII secolo, epoca nella quale ai chiodi si sostituirono fogli di rame. Ecco importantissima riforma e britannica ; essa assicurò alle navi più spedito cammino. Fu avversata, specialmente in Inghilterra, da tutti i costruttori privati ai quali non tornava conto che le navi rimanessero immuni dai danni che nei mari caldi produce il leredo navalis aprendosi la strada nel fasciame, nonché dagli altri danni che la ruggine della chio-dagione produceva consumando il legno del fasciame istesso. Che i costruttori bramassero piuttosto costruire roba nuova che riparare roba vecchia era naturale e già nell’Inghilterra era invalsa l’usanza che lo Stato affidasse non poche delle sue costruzioni a società private ; le quali arricchitesi (e non sempre onestamente) eran diventate potenti nell’aule ministeriali e nelle conventicole de’ membri del Parlamento il quale non sempre al di là della Manica fu esente da taccia meritata d’immoralità; ma il buon senso trionfò alfine sui privati interessi. Verso la fine di questo periodo s’iniziarono i bacini di carenaggio. Francia ed Inghilterra, però, nei loro porti soggetti a periodico flusso, ebbero i bacini a marea, più economici certo di quelli dai quali l’acqua s’aggotta colla macchine idrovore che comparvero più tardi assai e si perfezionarono quando la macchina a vapore apparì. Le riparazioni delle carene si facevano, prima che i bacini s’inventassero, sia col tirare in terra le navi adagiate su di una invasatura, sopra scali chiamati di alaggio: certi grossi palanchi ne’ quali passava un cavo di canapa sceltissima, cavo che noi chiamiamo fanfarino, le trascinavano in secco ; oppure abbattendo in carena la nave sul-