della Marina Militare. 407 San Maurizio che non corrispose degnamente ai desideri ed ai voleri del Principe, sì che presto gliele dovette togliere. Carlo Emanuele volle imitare le marine oceaniche di navi quadre e diede asilo ne’ suoi Stati al corsaro Pietro Eston inglese di nazione, protestante di rito, perchè insieme ad altri inglesi suoi amici togliesse servigio sotto il Duca ed in qualità d’amiraglicT gli ordinasse la marina quadra ; la quale ebbe vita oscura, finché Vittorio Amedeo II divenuto possessore nel 1713 della Sicilia vi fondò il Corpo della Marina che poscia trasportò in Sardegna. E la marina regia combattè i Barbareschi con valore sempre, e con varia fortuna ; non pigliando alcuna parte però in tutti quei casi di guerra navale di cui il Mediterraneo fu teatro tra potentati cristiani. Nelle guerre della rivoluzione trovo i Sardi a Tolone con*Hood; poi, nell’esilio de’Reali, in Sardegna, alla Maddalena ed a Cagliari una marina capitanata da savoiardi, da nizzardi e da uomini di Sardegna, marina di corsari più che altro, che seppe anco combattere navi da guerra francesi; difatti il 22 febbraio 1793 la marina del Re comandata dal marchese Felice di Constantin ed appoggiata alle batterie della Maddalena ributtò i Francesi tra i quali militava con grado di maggiore della guardia nazionale Napoleone Buonaparte. Colui che un giorno doveva doven-tare 1’ arbitro d’ Europa fu respinto in quel piccolo assalto. Rammento nel 1794 il combattimento della fregata sarda Alcesite e d’ una squadra francese ; luogotenente àe\VAlceste era il barone Giorgio des Geneys. L'Alcesle si arrese dopo onorevole resistenza. Poco stante, a cagione delle vicende politiche del tempo, la marina si spartì in due campi; l’uno rimase fedele ai Savoia rifugiatisi in Sardegna, l’altro servì prima la Repubblica Cisalpina, poi l’impero. Al ristaura-mento de’ re Sardi sul trono continentale nell’ anno 1815 i due corpi una seconda volta si confusero in uno. Il barone des Geneys ne fu il capo. Quell’ uomo insigne ebbe rimarchevoli pregi di ordinatore. Amò la professione, persuase il Re a proteggerla. Era tenace, economo, savio, degno davvero di tempi e di luoghi migliori. Portò nella marina notevole durezza nel tratto, eccessiva severità e gli—usi che vigevano presso inglesi e francesi. Non imitò