2.94 Storia generale lare in corda intrecciata e finalmente su questo si adagiava la palla. Si comprende come la palla infuocata determinasse la palese inferiorità della nave. L’ingegnosità degli uomini di mare si volse appunto a ricercare il tipo di nave che fosse impenetrabile alla palla infuocata. Sullo scorcio del secolo XYIII dobbiamo ad Angelo Emo Capodilista, veneziano, ed al generale DArçon, francese, le navi blindate per combattere contro i forti. Il primo se ne valse contro Tunisi e Tripoli, il secondo per la tentata espugnazione di Gibilterra qualche anno più tardi. Il mio maestro Alberto Guglielmotti ha trovato nella Storia dell’Italia mediterranea gli antenati alle batterie galleggianti di Emo Capodilista e del D’Arçon. Nel suo vocabolario Nautico-Militare, alle voci Sambuca, Barbotìa, Biprora, Gemella corrispondono quelle navi del medioevo accoppiate sulle quali distendevasi un tavolato, il quale sosteneva ora catapulte, ora pezzi in batteria. Dovunque il muro della terra aveva a schermo un basso fondo od anche uno specchio d’acqua intersecato da scogli, è chiaro che il battere in breccia le mura non era agevole alle navi sotto remi o sotto vela. In ogni caso le rendere valevano sempre meglio a quest’uopo delle navi veliere. Emo dopo aver ixsato le bombarde contro Susa e Sfax, portatosi a Tunisi il 21 settembre del 1785 si accorse che ad offendere la Goletta non bastavano nè le bombarde per il tiro curvo, nè le navi per il diretto. Allora coi mezzi soli di bordo, impiegandovi le alberature di rispetto, Angelo Emo costruì due zattere sorrette da 22 botti vuote. Sopra ogni zattera impostò un cannone da quaranta. Or bisognava pensare allo schermo dei serventi del pezzo e delle munizioni. Dispose dunque una rombata di un doppio ordine di tavole sottili ed il largo interstizio riempì di sacchi di arena bagnata. Con una rembata compagna dal fianco opposto egli cuoprì contro il tiro nemico le munizioni. Questa batteria galleggiante era già un miglioramento della biprora, della sambuca e della famosa macchina inventata, dicesi, dal Ferramolino nel 1550 durante la campagna del capitano pontificio Carlo Sforza contro i pirati ; perchè codeste antiche batterie eran tenute sì galleggianti da scafi, ma non erano