della Marina Militare. 489 erano tuttavia in massima affidate ad inglesi. La predilezione che il re Ferdinando aveva mostrato sentir per la sua armata fu più apparente che sostanziale, predilezione di tiranno capriccioso e di politico miope. La marina napolitana usciva di rado dai porti del Reame, comecché l’andar fuori e frequentar liberali la inquinasse di spiriti rivoluzionari. Dominava sulle belle navi lo spionaggio; grave ingiuria agli uomini di alto sentire, premunizione insufficiente di qualsivoglia governo dannato allo sfacelo. Come in Gran Bretagna al tempo di re Giacomo Stuardo, così ora nelle Due Sicilie, un vieto sistema aspettava la circostanza esteriore che ne determinasse la ruina inevitabile. Nel crollo d’ ambe le dinastie la marina ebbe parte preponderante. Nel settentrione della penisola la minoranza di forze materiali era compensata a buona misura dalla robustezza delle morali, radunate in fascio romano nelle forti mani del re Vittorio Emanuele e per l’opera collettiva di lui, maestro in arte politica, del Mazzini filosofo, di Camillo Cavour ministro infaticabile, di Giuseppe Garibaldi indomito cuore e dei numerosi minori, ma pur grandi artefici del nostro risorgimento, popolare altrettanto nella reggia, quanto nei trivi e nei casolari. Sotto ogni riguardo maturati i tempi per l’Italia, nell’ aprile del 1860 la Sicilia tentò novità. Giuseppe Garibaldi scioltosi da qualsivoglia impegno col governo regio subalpino, erasi giusto in quel mese di aprile recato a godere alla villa Spinola presso Quarto l’ospitalità del suo vecchio amico e commilitone Candido Augusto Vecchj storico e soldato, padre mio. Ivi gli fu proposto capitanare la impresa liberatrice di Sicilia. La studiò ; la ristudiò ; poi, riformatone il disegno, determinò risicarla con un migliaio d’uomini tutti veterani, quasi tutti a lui noti, mentre Giacomo Medici ed Agostino Bertani avrebbero da Genova preparato rinforzi al primo stuolo cui occorrevano all’ uopo due vapori. Rubattino non li offrì ; neppure rifiutò concederli, gradì glieli sapessero rajjire. Il Fauché, suo |>rimo commesso, allestì nel porto di Genova il Piemonte ed il Lombardo col necessario carbone a bordo, con il bisognevole per il viaggio di molta gente, colle ca-