32.8 Annali d? Italia quella Lega. Il Papa li rimife alITmperadore, e l’Imperadore gli andò menando a mano un pezzo, tanto che Bernabò fi afficurò de’lor difegni. Il perchè comandò ad Ambrojìo fuo Figliuolo, il quale fi trovava allora nel Genovefato, di affoldar Tempre più gente. Fu ubbidito. Pagava profumatamente, nè di più ci vo-lea, perchè tutti i ribaldi e malcontenti, ed Ingleii e Tedef- (a) Georgìus chi , correiTero a lui : laonde raunò un formidabil efercito. (a) GenucÌf.na1' ^aTsò quefia gente alla Spezia, e ad altri Luoghi della Riviera Tom. XVII. di Genova, Taccheggiando dapertutto. Arrivarono a Levanto, andarono a Chiavari. Tutti fuggivano per quelle parti, e in Genova fieiTa era Tornino lo ipavento . E pur crebbero gli affanni nel dì 13. di Marzo, perchè Ga-lea^o Visconte mandò ad intimar la guerra a quel popolo. Si dubitò forte, che bolliffero intelligenze per deporre Gabriello Adorno Doge , da che fu manifefto efferfi unito co i nemici Lio-nardo di Montaldo, rivale dell’Adorno, e bandito in Genova. Fu dunque prefo il partito dal Configlio di Genova di trattar accordo co i Signori di Milano , e rellò dipoi nell’ Anno Teguen-te convenuto, che i Genovefi pagaffero loro ogni Anno quattro mila Fiorini d’oro, e manteneffero quattrocento baleftrieri al loro Tervigio , e in tal guiTa ceTsò quel rumore. Per quello accordo Ambrojìo Visconte colle iùe masnade fi ritirò da que’ contor- (b) Cronica ni ? e tornò con Giovanni Aucud a Talaffare i miTeri Sanefi (b). Tom'xv. vo^ero e® levarli d’addoffo quelle TanguiTughe , dappoiché Italie, varj loro Luoghi aveano patito il Tacco e l’incendio, fu d’uopo pagare a dì 25. d’Aprile dieci mila e cinquecento Fiorini d’oro, e moke carra d’armadure, oltre a varj altri regali di comeffibili. Se n’ andarono coiloro col malanno alla volta di Roma. Al Tervigio de’Perugini dimorava allora Albaret TedeTco Capitano della Compagnia della Stella. Perchè collui trattava un tradimento in danno di quella Città, nel Novembre tagliata gli Tu la tefta. D’ordinario andavano a finir male quelli Capi d’ affaiììni. Colla morte naturale, che Teguì nell’ Anno preTen-te di Giovanni da 0leggio, fiato già Tiranno di Bologna, la Città di Fermo ritornò lotto il pieno dominio della Tanta Sede. Più iftanze aveano fatte i Romani, affinchè Papa Urbano V. ri-jjortaffe la Sedia Pontificale, e la refidenza in Roma. Veggon-iì ancora Lettere efortatorie del Petrarca per quello . Forfè niun bifogno avea egli di tali Tproni, perchè prima anche d’effere alzato al Trono Pontificale, attribuiva i dilordini dello Stato della