n86 Annali d’ Italia. tè levar la tefta a molti, che unitamente per la malnata cupidigia di dominare, abborrente ogni compagnia fui Trono, Fran-cefco da Carrara inventaffe quelle accufe, a fine di sbrigarii di luo Zio, e di regnar folo. Un’altra più funefta (cena fi fece (a) Sanuto vedere queft’ Anno in Venezia, (a) Sulla cadrega di legno di 22 Marino Faliero Doge di Venezia una mattina fi trovò icritto : Rcr. haiic. Mann Faliero della bella Moglie: altri la gode , ed egli la Chrom'inUS mantlcne • Perchè fenperto il malfattore , cioè Michele Steno , Tom.‘^2. non ne fu fotta afpra giuftizia da gli Avogadori, cotanto fe ne ¿Rer. Italie, fdegnò il Doge, che fi diede a macchinar una congiura coi popolari, per tartagliare a pezzi i Nobili, e far fi egli Signore di Venezia. Dovea feoppiar la mina nel dì 15. d’Aprile , ma prima di quel tempo traspirato 1111 sì nero difegno , pofte le mani addoiTo il Doge , nel luogo fteflb, dove avea fatto il giuramento nell’ afiunzione al Ducato , fu a lui tagliata la tefta nel dì 17. d’Aprile, e a molti de’ congiurati il capeftro abbreviò la vita. Fu pofeia eletto Doge nel dì 21. d’effo Mefe Giovanni Gra-denigo. Fecero in queft’Anno all’ ufeita di Maggio efli Venezia- (b) Matuo ni una fvantaggiofa Pace col popolo di Genova. (b) Per lo 15 contrario alcune navi di Genovefi fieri corfari nel Mefe di Giugno s’impadronirono a tradimento della Città di Tripoli in Barberia . La preda quivi fatta in danari e mobili preziofi afeefe ad un milione ed ottocento mila Fiorini d’oro. Circa fette mila furono i prigioni fra uomini e donne. E quantunque il loro Comune non approvafle o facefle vifta di disapprovare quel fatto, pure fi mantennero in quella Città , finché trovarono un ricco Saraceno, a cui la venderono per cinquanta mila doble d’ oro, e fe ne tornarono in fine a Genova con infinite ricchezze, le quali fecero lor poco prò, perchè quafi tutti in breve tempo capitarono male, o tornarono in povero ftato. Da i Collegati di Lombardia, dappoiché fi furono accorti delle ribalderie, e della corrotta fede del Conte Landò Tedefco, fu licenziata la gran Compagnia de’ iùoi masnadieri ; e fentendo coftoro , che v era guerra in Puglia contro Luigi Re di Napoli, come gli avol-toi alle carogne, così traflero anch’efli a quella volta; nè trovando contradizione andarono malmenando il paefe, e poi pa<-farono in Terra di Lavoro, accoftandofi anche alla fteiTa Città eli Napoli. Avea raccolto da varie parti Niccolò dagli Acciainoli Siniscalco circa mil'.c barbute di gente Tedefca, e pareva, che il Re