Anno MCCCLXXIV. 357 Ma Bernabò, che durante la tregua non potea impiegare i iuoi penfieri in imprefe di guerra, li rivolfe tutti alla caccia. Quello era il fuo più favorito divertimento, (a) e per cagion d’effo anco-(a) Petrus ra commife infinite crudeltà: melliere per altro fempre a lui fami liare. Sotto pena della vita e perdita di tutti i beni proibì a chi Rer. Italie. che fia l’uccidere cignali ed altre fiere; e quella barbarica legge fece efeguire a puntino, anzi fiele i fuoi proceffi a chi ne’quattro precedenti anni ne avelie uccifo, e ne avelie mangiato. In fer-vigio della caccia parimente tenea circa cinque mila cani, e quelli dillribuiva a i contadini con obbligo di ben nutrirli, e condurli ogni mefe alla revifta. Guai fe fi trovavano magri; peggio, fe morti : v’ era la pena del confifco de’ beni, oltre ad altre pene . Più temuti erano i Canetieri di Bernabò, che i Podellà delle Terre . E quantunque per le guerre, per la careiHa e moria foffero i fuoi fudditi affatto fmunti, accrebbe fmifuratamente le taglie e i tributi, per adunar tefori da far nuove guerre. Alla vifta e al rimbombo di quelle ed altre tirannie di sì disumanato Principe tutti tremavano, nè alcuno ardiva di zittire. Due Frati Minori, che ofarono di muover parola a lui fteflo di tante ellorfioni, li fece bruciar vivi (b). Merita ora Francefco Petrarca, che fi faccia men- ^})Gfitprid zione della lùa morte, accaduta nel dì 18. di Luglio dell’ Anno Tom. xvu. prefente nella deliziofa Villa d’Arquà del Padovano (c). Tale era Rir- i^lic. il credito di quello infigne Poeta a’ fuoi tempi, che Francefco da Carrara Signore di Padova, e copiofa Nobiltà vollero colla lor pre-¿¿v/v. fenza onorare il di lui funerale. Ad elfo Petrarca grande obbligazione hanno le Lettere, perch’egli fu uno de’principali a farle riforgere in Italia. In quefii tempi gran guerra ebbero i Sanefi (d) W Cro^ea co i Salimbeni loro ribelli. E tornato il Duca d’ Andria in Regno lom'.'xr. di Napoli con un’armata di Franzefi, Guafconi, ed Italiani, in Rer. Italie. numero di più di quindici mila combattenti, fi condulfe verfo Ca-poa ed Averfa (e). Non dormiva la Regina Giovanna; anch ’ ella $ n*f‘ mife in campo un efercito numerofo. Ma per le ei’ortazioni del Rer. halle. ' Conte Camerlengo fuo Zio il Duca lafciò Fimprefa, e fe ne tornò di nuovo in Provenza. Veggendofi così abbandonate le fue truppe, formarono una Compagnia fotto varj Capitani, e s’impadronirono d’una Terra della Ducheifa di Durazzo. La Reina col regalo lor fatto di dieci mila Fiorini fi fgravò di colloro, e rivolfe il mal tempo addolfo ad altri paefi. Tomo Vili. Z 3 Anno \