204 Storia generale che albergava a riparo or il sifone del fuoco greco, or il mangano o manganello o catapulta. Poscia si disposero colà il cannone di corsia ed i cannoni minori laterali al primo. La machina di Marin Saunto, il mangonel di cronisti francesi ed inglesi, il mangano dei nostri, il trèbuchet dei francesi ed il trabocchetto nostrale ecco i nomi della balista medioevale, comune a Cristiani, a Saraceni ed a Cinesi; era una gigantesca fionda meccanica. La etimologia di mangano, accettata da S. M. l’imperatore Napoleone III e che segno, è ¡locffavov, opera eli magia ; d’onde l’arabico manganili e manjanik; e poi il mangano nostrale. Napoleone III, quand’ era Principe Presidente, fe’ costrurre a Vincennes alcuni trabocchetti d’assedio — certo minori dei manganelli delle navi e delle galee — ed ottenne di lanciare a 150 metri palle cave di ferraccio riempite di terra che avevano 30 centimetri di diametro. Nei ricordi del medioevo troviamo, a quanto ci ha trasmesso l’illustre generale Dufour, che nelle guerre di Berna contro Nidau im-piegaronsi trabocchetti che buttarono dentro le mura di questa città più di duecento macigni al giorno del peso di 12 cantara ognuno. La famosa troia, dì cui parla il cronista Giorgio Stella, era un trabocchetto che lanciava pietre di 12 a 18 quintali. Stella riferisce questo a proposito di una spedizione genovese contro Cipro nel 1373. E il Daru, parlando dei Veneziani che nel 1346 ridussero all’ obbedienza Zara ribelle, cita il trabocchetto di mastro Francesco delle Barche che lanciava dentro la città assediata pietre di 1500 libbre di peso. Il lettore comprenderà che a bordo di galee e di navi siffatte macchine non si ponessero. I manganelli di bordo erano al certo roba assai più leggiera e buttavano addosso al nemico a vicenda o grossi macigni per sfondare le coperte, o barili pieni di materie accese per incendiare : qualche volta si balestravano codesti fuochi nella notte per rischiararla, giusto come noi oggidì adoperiamo i riflettori elettrici; quest’ultima informazione ce la dà Cristina de Pisan. All’assedio di Costantinopoli, Goffredo di Villehardouyn