dalla Marina Militare. 373 sperò il ritorno dei bei giorni del secolo antecedente. Il Senato ordinò rendimento di grazie al Cielo in tutte le chiese durante tre giorni e le none d’agosto, dì sacro a San Domenico e data della vittoria, fu decretato perpetuamente festivo a quanto ci narra Uberto Foglietta. Ponza è l’ultima giornata trionfale di Genova democratica e marinara; ed il lettore mi saprà grado se ne chiudo il racconto col riferire per intero la lettera che Biagio Assereto scrisse al Comune la dimane della vittoria e che il Federici trascrisse dall’originale serbato appo Marc’Antonio Lomellino; l’illustre L. T. Belgrano l’ha pubblicata nel XIII volume àeW Archivio Storico Italiano, serie 3a, pag. 61. Il dialetto genovese nel quale è composta mi sembra assai intelligibile da non chieder traduzione. Nè oserei voltarla in volgare per tema di toglierle efficacia e saporé. Mat/nifice et Prestantissime Domine mi singularissime et specta-biles ac preclari cives Patres et Domini honorandissimi. Avanti che noi scrivemo altro, noi vi suplichemo che ve piase de recognosce questa singola vittoria da lo nostro Segnò Dé, e da lo beo San Georgio e da San Domenego, in ra festa de lo quà, in venerdì, fu la nostra assai sanguinenta battaja, della quà noi senio steti vittoriosi no pe le nostre forze, ma pe la virtù de Dé, abiando la giustitia de la nostra parte. Lo quarto dì de questo meise, la mattin per tempo, noi trovammo in ro mà de Terracina assai presso tera l’armà de lo re di Aragone de nave quattorze elette inter vinti; de le quae nave erano e sono sei grosse, le altre commune, con li re e baroin li quai Voi audirei de sotta, e con uomini sei millia, per quello che possemo savei da elli; sicché ra meno nave de 300 a 400 homini havea, le altre 500 in 600, la reale homini 800 inter la quale era lo re dAragone, lo infante, lo duca de Sessa, lo principe de Taranto, lo figgiolo dello conte de Fondi, e 120 cavalieri. Erano con le dette navi galere un-dixi e barbotte sei, et era lo vento a lo Garigliano, sichè era in sua possanza quello dì de investirne. Noi habbiando a mente la comissione vostra de no prender battaja, se era altramente possibile dar soccorso a Gaeta, si se forzàmo de tirar a vento, si navigammo in ver Ponza. Lo Re sempre seguitonne e montò presto le galee torme a noi; alle quae mandaè un me trombetta, pregando alla maestè de lo Re che elle non me vorresse dà impachio, ma me lasciasse andar a Gaeta, e che lo illustre segnò nostro e la nostra Comunitae non vorè guerra, &.