della Marina Militare. 245 fese interne, più alte ; or le chiameremmo opere a cavaliere e caponiere; allora coleste opere interne chiamavansi inasta. Per render ardua la scalata, il mitro era perpendicolare e le bertesche erano opportune a buttar giù sul nemico missili d’ ogni maniera lungo la verticale. ¡Sulle mura gli arcadori ed i frombolieri formavano quello che ora è la linea di fuoco. Sulle torri e sul mastio eran disposte le macchine da getto, Vartiglieria, vale a dir manganelli, petriere e balestre potentissime. Dalla banda di terra, le mura eran difese dal fosso, che all’ evento si riempiva d’ acqua. Da mare il poco fondale teneva discosto il nemico. Più tardi, per opera delle prime bocche da fuoco, le torri quadrate si sgretolarono sotto l’impeto delle palle di pietra che gli assedianti lanciavano mirando agli spigoli. Ed alle torri quadrate vennero surrogate le rotonde; poi, quando l’liso della bombarda fu comune, caddero e torri ed alte mura, le cinte si abbassarono, il fosso fu scavato più largo e profondo, le torri si mutarono in salienti poligonali,. la cortina coi salienti fiancheggiatori divenne il bastione, e dietro al muro, non più perpendicolare ma a scarpa, sorse siccome enorme materasso il terrapieno. Le opere a cavaliere rimasero sì, ma rispinte molto all’ interno siccome ultima cittadella. Grolfredo di Yillehardouyn e Marin Sanudo, 1’ uno col suo scritto, l’altro con scritto e disegni, ci hanno chiaramente tracciato un fronte fortificato del periodo che dal 1100 corre fino al 1400. I porti ed i mandracci erano chiusi oltre che dalle mura e dalle torri dei bracci esteriori anche da catene e da grossi legnami galleggianti assicurati al fondo con ancore. Le panne de’ nostri arsenali pochi anni or sono erano un vestigio di questo genere di serraglio. Le catene del Porto pisano, ora pendenti nel campo santo di Pisa, ne sono l’isterico ricordo ; e la chiusura del porto mediante una catena si usò da Lamoricière ancora nel 1860 per la difesa d’Ancona contro la squadra italiana.