della Marina Militare. '283 Venezia si disposò col mare. Alessandro III papa fu pronubo alle nozze e la cerimonia si ripetè poscia ogni anno fino all’ ultimo della Serenissima Repubblica. Aggiungerò che devesi ritener favolosa la fazione di Capo Salvore, negata con acume di critica dall’illustre mio maestro Alberto Guglielmotti, malgrado che sia stata eternata col pennello a Venezia nel Palazzo Dogale ed a Siena, e ne corra per le bocche di tutti la leggenda. Le guerre d’Occidente avevano distolto i cristiani dalla crociata. Il reame di Gerusalemme ed i principati che n’erano feudatari non potevano sostenersi che mediante continui aiuti dell’Europa occidentale. Una seconda crociata era stata bandita nel' 1146, ma con scarso successo; sì che nel 1187 Gerusalemme era caduta nelle mani de’ Musulmani. Occorreva pensare al recupero. Federico s’ accinse all’ impresa nella quale trovò morte non ingloriosa, ma non in campo, affogando nel Cidno. Prese parte a questa terza riscossa della croce una nuova marina, la normanno-britanna. Ho già nel capitolo precedente accennato all’ ampiezza del dominio marittimo acquistato dai Plantageneti. Le foreste inglesi, mantenute intatte dalle leggi protettrici della caccia che Guglielmo il Conquistatore avea promulgate, procuravano alla Camera Regia le quercie; le miniere fin d’allora in esercizio, il ferro; la Guascogna, il pino ed il catrame; le costiere d’Inghilterra, di Normandia, di' Bretagna, di Angiò e di Guienna, uomini di mare e di guerra in buon dato. Riccardo Cuor di Lione nel 1190 potè per ciò aprir la campagna con 38 galee. 150 minori scafi e 9 grosse cocche. Queste forze conquistarono Cipro; le aumentò di poi fino a rassegnar 60 galee e 254 cocche. Riccardo, angioino di stirpe ed allevato in Occitania, comandava in persona l’armata. Vinesaufio, che ne ha narrato le gesta, lo descrive attento alle sue navi percosse dal fortunale siccome « la chioccia per i suoi pulcini. » La descrizione dell’ entrata in Messina dell’ armata in-glesg. quale l’abbiam da Vinesaufio, dimostra l’opulenza del Re e della sua corte di cavalieri inglesi e di poeti guasconi.