398 Storia generale che consumarono lentamente le forze di lei e non furono ultima ragione del suo prolungato declinare. Per comprenderle ed apprezzarle appieno, stimo opportuno toccar, ancorché di volo, 1’ organamento della Signoria Veneta. Essa aveva tre ragioni di sudditi. I cittadini della capitale, l’ordine nobile de’ quali partecipava, ad esclusione del rimanente, al governo ; i continentali italiani saviamente governati e rispettati ; infine i sudditi coloniali, greci, dalmati, istriani, tenuti in poco conto, oppressi e spesso spogliati in ogni maniera, poco o punto interessati a difendere le Cause e le sostanze della Serenissima agli occhi ìoro padrona esigente e non punto incivilitrice. Venezia offre l’esempio dei difetti esosi e delle qualità maestre delle oligarchie, tutte uguali, se antiche o moderne non monta. La marina veneta era nazionale, l’esercito no, giusto come a Cartagine e come più tardi nelle provincie fiamminghe allorché si costituirono a Stato. Fornivano alle richieste del naviglio le foreste delle prealpi venete; serbato in ordine addirittura mirabile, era in Venezia un arsenale riparato da ogni pericolo di manomissione, ampio, senza 1’ uguale nel mondo. La nobiltà veneziana affollavasi sul-l’armata cominciando il tirocinio dal grado di gentiluomo di poppa, che corrisponde a quello di guardia marina di oggidì. Presso il Turco il nerbo delle forze militari era l’esercito assolutamente musulmano; l’armata aveva musulmana la milizia combattente ed i capitani, cristiane la forza motrice, intendo i remieri, e gli arsenalotti di Top-Khané a Costantinopoli. Non pochi i rinnegati, sempre ben accetti e, purché zelanti, tenuti in conto di fratelli. Veneziani e Turchi erano nell’anno 1463 confinanti nel-F Eliade e presso all’ istmo che unisce questa alla Morea. Evidentemente la Serenissima di Venezia ed il Sultano di Costantinopoli dovevano un giorno o 1’ altro scendere ad aperta guerra. Ino di quei casi cui modernamente si dà nome d incidente di frontiera fe divampare l’incendio. Sembra che uno schiavo del bascià di Atene, rubata al padrone la cassa, cercasse rifugio presso Girolamo Valaresio overnatore della piazza veneziana di Corone e seco lui