354 Storia generale un centinaio di barche uscire da Chioggia, vogare verso il passo di Brondolo e tentare di superarne le palafitte. A capo d’alcuni manipoli fedeli, coll’ acqua fino alla cintola, il capitano tenne testa ai nemici, mentre Pisani accorso col barchereccio impedì alle galee di Maruffo di rompere le palafitte ed obbligò gli assediati a rientrare nella piazza. I Genovesi allora, avendo consumato tutti i viveri, si ritrovarono costretti a mangiare cuoio bollito in acqua salmastra, e Spinola, che non poteva far più nulla, si ritirò, lasciando al suo luogotenente licenza di capitolare. I deputati giunsero sulla capitana del Dòge. Là dissero che se spesso avevano combattuto i Veneziani, non era stato senza osservare le leggi della guerra e dell’ umanità, che avevano voluto portar via loro l’impero, non la vita ; che da dieci mesi avevano fatto gli ultimi sforzi per la difesa di Chioggia, contando di meritare per questa devozione la ricompensa dei loro cittadini e la stima dei nemici ; che ridotti dalla miseria a mettere un termine a questa resistenza, speravano trovare nei Veneziani quella moderazione naturale a cui si è disposti quando si è provata l’incostanza della fortuna. Non importava loro nè delle ricchezze nè delle navi, ma non avevano meritato di essere spogliati delle loro armi; eppure non domandavano che vita e libertà. La risposta fu si arrendessero a discrezione e che poi si sarebbe deliberato sulla loro vita o sulla loro morte. I negoziati sollevarono nuovi incidenti. Si sparse la voce fra le truppe mercenarie che i Veneziani ricevevano la capitolazione del nemico e che la città non sarebbe più abbandonata al sacco. Ciò bastò per riaccendere il fuoco della rivolta, che Zeno e molti senatori si sforzarono inutilmente di spengere : promisero aumento di soldo. Un calcitano, Roberto da Recanati, insultò il generale; ed i soldati erano già in jnocinto di prender l’armi per riunirsi ai G enovesi, quando l’energia indomita di Zeno, che si lanciò sopra di loro colla spada in pugno, li frenò. Fu d’uopo che la Signoria promettesse formalmente un mese di doppia paga e tre giorni di sacco a città appartenente alla Repubblica. Contro la vita di Zeno si tramò anche una congiura :