della Marina Militare. i) Sempre suol madre di travaglio e cura A pi-udente piloto; indi la turba Non uscirà pria che in securò fondo Il navile non sia. Tu saggio intanto Pregando non lasciar di procacciarti 11 soccorso de’ Numi. Un passo di Tucidide giudica la pirateria con indulgenza ; nè sulla pietra sepolcrale o sull’urna di un greco il titolo di pirata disonorava le ceneri. I tre popoli ancorché dissimili nel carattere politico, religioso o sociale, ebbero dunque comuni le manifestazioni marittime sorte da contingenze compagne. Ed ebbero comune la nave. Fu obbligo della nave piratica l’esser lunga per vantar rapido cammino, bassa sul pelo dell’acqua per celarsi al vigile altrui sguardo, valersi dei remi per correre a controvento,, confortarsi del sussidio d’una vela per concedere riposo agli stanchi vogatori, scarso pescare per accostare liberamente il lido ove la preda ritenevasi sicura. Cosi la riscontro dipinta sui vasi, cantata dai poeti; più tardi tale Ja ritroverò nel medio evo, armata questa volta di Normanni ed ancora nell’evo moderno terrore del mare che bagna l’Insulindia; tale l’hanno vista gl’inglesi nella Oceania allorquando nel secol nostro hanno conquistato la Nuova Zelanda. La nave piratica dell’antichità è VArgo di Giasone; è il penlecontoro pelasgo, comune ai popoli tutti del Mediterraneo, elemento dell’ armata achèa che sferra da Aulide per vendicare, sotto la cinta d’Ilio, Elena rapita da Paride pirata. Ma la nave piratica non rispose più all’uopo allorché albeggiò il colonizzamento colle nuove esigenze sue proprie che imperiosamente chiedevano capacità di carena per l’agevole trasporto di uomini e di derrate. La colonia giovane è semj:>re la vittima designata dei ladri marittimi ; essa vuol dunque navi che la possano difendere dalle costoro rapine, per conseguenza che delle piratiche siano più forti e perciò più grosse ed al flutto meglio resistenti. Il Medi-terraneo testimoniò allora l’avvento della (riera come nave di battaglia e della nave rotonda, come veicolo del traffico;