282 Storia generale « A dì ventinove d’agosto tutto l’esercito de’ Crociati uscì dal campo; e perchè avea vantaggio di gran cavalleria, andò a sfidare i nemici colla speranza di tirarli lungi dalle trincee, e di combatterli con più lor danno in campagna aperta ; alla fronte i cavalli del re di Cipro, sostenuti dalla legione romana, appresso le cavallerie e fanterie delle varie nazioni. Vennero di fatto i nemici all’ incontro, ma come, ebbero riconosciuto l’improvviso e generale attacco, anziché farsi avanti, davano indietro per guadagnar tempo é per meglio ordinarsi. La loro ritirata pareva tanto fuor di proposito ai nostri condottieri che presero a sospettare di alcun sottile infingimento, di che stavano incerti e peritosi : e mentre questi indugiano, l’esercito impaziente avanza senza governo, ciascuna schiera a suo talento. Disordine manifesto, troppa cautela nei primi, troppa audacia negli altri. Il nemico, pronto a cogliere ogni occasione, veduti i nostri balenare, rivolge la faccia, e carica sulla testa delle nostre colonne. Colla forza del fulmine, e col prestigio della improvvisa mutazione, sbaraglia al primo incontro tutto ciò che gli si para dinanzi: i cavalli cipriotti danno le spalle, i Romani vengono presi nel mezzo, gli altri cavalieri e fanti delle diverse bandiere, infino alle milizie formidabili dello Spedale e del Tempio volgono in fuga. E sarebbero andati quasi tutti perduti se non si fossero avanzate le riserve, col re di Gerusalemme, col legato Pelagio e col conte d’ Olanda, a cuoprir la ritirata, I Romani circondati dai nemici, stringonsi insieme, e come leoni indomiti terribilmente pugnando nel mezzo alla folla dei Musulmani, fanno punta, si aprono il passo colle spade, e sul corpo de’ Saracini oltrepassando coperti di polvere e di sangue, ritornano al campo. « Fu quella giornata travagliosa soprammodo e funesta, tutto al rovescio delle speranze ; tra morti e prigioni mancarono cinque mila uomini: ebbe nome Dì dell’ira, della calamità e della miseria grande ed amara assai; altri più semplice scrisse che san Giovanni Battista avea voluto chiamare a sé molti compagni del martirio e della sua festa, che in quel giorno cadeva. « Indi il soldano d’Egitto, sapendo a quale altezza di mi-