della Marina Militare. 261 il sollevamento dell’isola tutta, è fatto assai più complesso di quanto a prima vista non sembri. E indubbio che Don Pedro d’Aragona da qualche tempo si preparava a far campagna, del che il Pontefice, il re di Francia ed il re d’Inghilterra, congiunti di Carlo d’Angiò sospettarono; ed invero da qualche tempo numerose galee si stavano allestendo a Port Fangos sotto la direzione di Jacme Pere, figliuolo bastardo del re Don Pedro, altre in Catalogna sotto Ramon Marquet e Berenguer Mallol e che tutto si metteva in ordine per un passaggio oltremare. Conveniva rispondere alle domande del Pontefice. Don Pedro usava dire che se la sua mano destra avesse saputo ciò che volea far la sinistra l’avrebbe tagliata. Scrisse al Papa che intendeva muover guerra all’ emiro di Collo in Algeria ; e dalla credulità del Pontefice ottenne una sovvenzione di denaro per questa piccola guerra crociata, E mentre re Carlo accampatosi alla Catona in Calabria stringeva con numerosa flotta d’ assedio Messina, e questa difende vasi valorosamente, il re Don Pedro veleggiava a Collo, combatteva ed agevolmente vinceva l’emiro,, lo taglieggiava senza compassione; e risalito con tutta la sua gente a bordo alle navi dando ai capitani ordini suggellati, metteva la prora per Trapani e nell’ agosto vi sbarcava acclamato sovrano dai Siciliani, cingeva la corona in Palermo, chiamava dalla Catalogna il rimanente delle navi e spediva intanto l’agguerrita divisione che lo aveva tratto in Sicilia al soccorso di Messina. Traduco dalla Cronica Catalana di Ramon Muntaner, premettendo che 22 erano le galee catalane, 90 quelle di Re Carlo; queste suddivise in istuoli di Genovesi, di Pisani, di Regnicoli e di Provenzali. Dentro Messina ad incuorare i suoi uomini penetrò Don Pedro. « Appena tutti furono imbarcati, monsignor Re e l’Almi-rante salirono sulle galee e monsignor Re le esortò a ben fare e diede loro i suoi ordini. Allora Don Pedro de Que-ralt e Don Cortada . sciamarono : Vi piaccia, o signor Re, lasciarci andare poiché oggi faremo tal cosa che onorerà per sempre la casa di Aragona e renderà giulivi tutti coloro che ora sono in Sicilia. Ed al tempo istesso le ciurme