della Marina Militare. 279 bondantemente. Talora davasi battaglia di mano e assalto improvviso, salendo su per le scale ai parapetti, ma Damiata aveva troppe ointe di mura e presidio troppo numeroso e svegliato da non lasciar pf e valere chiunque si fosse ardito mostrar la faccia tra i merli. Spesso usavano scalzar dai fondamenti la muraglia, e metterla sui puntelli, ai quali poscia dando fuoco facevano tutto cadere in rovina ; ma non era tal giuoco possibile in una piazza come Damiata circondata dal fiume, dove i cavamenti sotterranei tornavano impossibili perchè l’acqua del fosso stillando accie-cava le gallerie. Ondechè l’assedio durava con infiniti patimenti, quando il Sultano, per maggior pressura dei nostri, dopo aver punito i congiurati, ritornava al campo più possente e più temuto di prima. Allora cominciò doppio assedio : il campo cristiano intorno a Damiata e il campo saracinesco appresso ai Cristiani. I nostri assaliti alla fronte ed alle spalle, in terra e sul fiume, di qua e di là si difendevano : ciascuno forte abbastanza per mantenere il proprio, e debile troppo per occupar l’altrui. Ho detto di non volermi troppo allargare, e neanche potrei scrivere tutte le prove di valore, tutte le perdite, tutti i vantaggi: ogni giorno e quasi ogni ora si menavan le mani; i nemici or dal campo or dalla piazza sortivano, e sul fiume erano sempre a voler distruggere i ponti e le navi. Per lo più trovavano contrasto, ripulsa e danno. « La domenica delle Palme, quando i fedeli per le loro cappelle alla divota solennità intenti pregavano, fecesi innanzi il Soldano per isfondar la trincera e metter soccorsi in Damiata. Sonarono l’armi sugli spalti, sul ponte e sul fiume, durò la battaglia dal mattino alla notte, ed i nemici da ogni parte respinti lasciarono cinquemila morti sul campo. Quel giorno, dice il monaco Goffredo, non potemmo impalmare altro che lance, spade e balestre. « Agli otto di luglio avendo alcuni proposto d’assaltare Damiata colle navi dal lato- del Nilo, si armarono le galee e le navi in quattro stuoli: tutta gente italiana. Nel primo stuolo i Pisani, nel secondo i Genovesi, nel terzo i Veneziani, nel quarto i Romani, specialmente soggetti al Cardinal Legato : ciascuno colle stesse navi ond’ era venuto in